I nipoti di Rocco

I nipoti di Rocco

Quest’ultima fase della ricostruzione della famiglia dei Beneventani discendenti da Rocco è, paradossalmente, la più difficile ed incerta, in assenza di un testimone diretto o di un documento ricognitivo familiare, che ci auguriamo di poter reperire in un futuro prossimo; magari come frutto e premio di questo lavoro!

Proviamo comunque a mettere un po’ di ordine fra la copiosa, benché frammentaria, documentazione che è possibile reperire dalla rete e da diverse pubblicazioni di varia natura.

Un documento dirimente, per quanto concerne l’identificazione delle caselle componenti il mosaico di questa nuova generazione, diventa il Catalogo della Mostra di ricordi storici del Risorgimento Meridionale d’Italia, che si tenne a Napoli nelle Sale municipali della Galleria Principe di Napoli,

Copertina del Catalogo della  Mostra di ricordi storici del  Risorgimento Meridionale d’Italia  curata da Salvatore Di Giacomo  nella cornice  I Prigionieri di Castelnuovo  dopo la capitolazione del 1799  opera di Giuseppe Sciutifra maggio e novembre del 1911, ed intendeva celebrare il cinquantenario dell’unificazione d’Italia. La mostra fu curata, con grande perizia e passione, da Salvatore Di Giacomo, che si avvalse di consulenze importanti dei più illustri intellettuali meridionali dell’epoca, fra cui Benedetto Croce.[1] Tutto il materiale esposto fu meticolosamente annotato dallo stesso Di Giacomo ed andò a costituire il corpo del Catalogo, che fu edito poi nel 1912, arricchito di note storiche e notizie biografiche che vanno a costituire una preziosissima fonte per gli studiosi del Risorgimento Meridionale.[2]

Proprio questa ristampa ci ha facilitato la consultazione e consentito di capire quanta importanza avesse avuto la Famiglia Beneventani nella storia del Regno di Napoli prima e del Regno d’Italia poi e quanta stima godesse ancora, a cavallo fra XIX e XX secolo, in seno all’intellighenzia politico-intellettuale napoletana.

Fra gli espositori (voluti e gratificati dal Di Giacomo) troviamo i tre fratelli Beneventani: Rocco, Benvenuto e Valerio. Sono i figli di Emilio Beneventani ed hanno l’opportunità ed il privilegio di esporre documenti, ritratti e cimeli degli avi Beneventani ed Albanese, che attraversano l’intero Risorgimento e, di conseguenza, diverse sale della Mostra; un periodo lunghissimo di battaglie liberali, combattute da più generazioni.[3]

Nella “Sala de’ Martiri e de’ Proscritti del 1799” fu esposto, a sinistra dell’entrata, nella parte superiore della Vetrina Ciaja, un Manoscritto autografo, ovvero, una Procura di Giuseppe Albanese de Castriota fatta a sua moglie, donna Maddalena Vestini, il 23 giugno 1799, nel Castel Nuovo, alla presenza del Generale Brigadiere don Silvestro Ricci e, sulla parete della stessa vetrina, un Ritratto di Giuseppe Albanese, uno de’ cinque del Direttorio della Repubblica Napoletana, giustiziato il 28 novembre 1799, ed un Ritratto di Rocco Beneventani, proscritto nel 1799. Prefetto del Mediterraneo 1814-1815. Consultore di Stato del Regno nel 1848.[4]

Nella sezione Giuseppe Bonaparte – Gioacchino Murat, attaccati alla prima vetrina, facevano bella mostra “sette autografi, dall’Archivio di Rocco Beneventani, Prefetto del Mediterraneo. Lettere del comandante Lechi, del ministro Zurlo, etc. etc. Mese di aprile del 1814.[5]

Nella stessa sala è in evidenza un prestigioso riconoscimento a Francesco Beneventani, bisnonno dei fratelli Beneventani, che contribuiscono all’esposizione: Il Gran Cancelliere dell’Ordine delle Due Sicilie conferisce, dietro ordine del Re, la medaglia d’onore al Sig. Francesco Beneventani, Giudice della Gran Corte Criminale di Napoli. Decreto del 6 maggio 1815. Firmato: il Duca di Gallo; e subito accanto un tributo al più noto figlio Rocco (nonno dei fratelli Beneventani): Il Gran Cancelliere dell’Ordine delle Due Sicilie annunzia al Signor Rocco Beneventani, relatore al Consiglio di Stato, che S. M. lo ha decorato con medaglia d’onore. Napoli, 20 febbraio 1815.[6]

Ancora nello stesso salone di esposizione, in una vetrina, si trovava un opuscoletto autografo del Giudice della Gran Corte Criminale di Napoli Francesco Beneventani. Ragioni per le quali dette coraggiosamente il suo voto di assoluzione per tutti gli accusati della causa militare detta di Monteforte.[7]

A fianco, in bella mostra, proprio il ritratto del Giudice Francesco Beneventani.[8]

Nello stesso salone era ubicata una vetrina intitolata proprio Colletta-Beneventani, in cui si trovavano, nella parte inferiore, un volumetto di Notizie biografiche del Cav. Rocco Beneventani, datato Napoli 1870,[9] ed a fianco, il portafogli che usò, durante la campagna d’Italia del 1814 e 1815, il Cav. Rocco Beneventani, Prefetto del Mediterraneo.[10]

Altri documenti furono esposti dai fratelli Beneventani nel salone dedicato ai moti del 1820-21.[11]

Alcuni altri reperti furono forniti dagli stessi per la sezione del 1848. Fra questi furono esposti nella parte superiore della quinta vetrina la Lettera del Presidente dei Ministri Carlo Troya, con la quale accompagna il Decreto di Pari del Regno a Rocco Beneventani, datata 13 maggio 1848 e, subito appresso, il Decreto di accettazione della rinunzia di Rocco Beneventani alla dignità di Pari, datato 11 luglio 1848.[12]

Altri documenti, infine, riguardavano Valerio ed Emilio, i due figli di Rocco, con un arco di tempo che andava dal 1848 al 1870: erano esposti nella sezione “Custoza” della Mostra, insieme ad un ritratto di Francesco Beneventani, appeso alla parete.[13]

Gli stessi fratelli Beneventani avevano procurato del prezioso materiale iconografico per la realizzazione di un busto in onore di Giuseppe Albanese, il martire della libertà del 1799, progenitore dei Beneventani, a Noci, nella sua città di origine, in occasione del centenario del suo martirio. L’informazione ci viene da un altro Catalogo: una pubblicazione degli atti di una mostra celebrativa, sempre a Noci, ma cento anni ancora dopo, nel 1999, in occasione del Bicentenario della Rivoluzione Napoletana.[14] Gli organizzatori della mostra hanno premura di raccontare come cento anni prima, “…Il 10 aprile 1899, il Consiglio Comunale di Noci, presieduto dal sindaco Nicola Intini, decise di affidare la commemorazione dell’Albanese in occasione del centenario della morte ad una Commissione … Il 23 maggio 1899 fu commissionato a Gianni Matarrese, allora residente a Firenze, l’esecuzione d’un mezzo busto in marmo di Giuseppe Leonardo Albanese in conformità della fotografia inviata della grandezza una volta e mezza del naturale...

In realtà … Il volto del commemorato fu copiato da un piccolo ritratto ad olio fornito da Rocco Beneventani, pronipote di Albanese, residente a Napoli, dal momento che le fattezze tramandate dal più famoso quadro attribuito al pittore francese François Gérard e posseduto da Valerio Beneventani, nipote di Albanese, furono considerate poco somiglianti al vero”.[15]

Questo ritratto, che nel 1899 era nella casa di Valerio Beneventani,[16] passò in seguito alla figlia Emilia Beneventani e … Attualmente (1999) – ci informa la stessa fonte – il quadro è posseduto dall'ingegner Camillo D'Amelio, discendente di Albanese: sua madre Emilia Beneventani, infatti, era pronipote di Silvia Albanese.

Per la verità, una prima testimonianza dell’esistenza, nella casa dei Beneventani, di questi preziosi ritratti del martire della libertà Giuseppe Albanese ci è fornita da Mariano D'Ayala, che riesce ad ispezionarli proprio nella casa dell’onorevole Valerio Beneventani,

Fotografia del ritratto ad olio di Giuseppe Albanese  attribuito al pittore francese Francois Gérard.

dove trova ancora vivente Silvia Albanese dei Castrioti.…Io non saprei ridire la grata mia sorpresa – ci racconta il D’Ayala –  quando, il giorno 19 di novembre dell’anno 1868, seppi dall’egregio Valerio Beneventani che in casa loro serbavasi religiosamente il ritratto dell’avo materno. Volai in quella casa e vidi anche un bel quadro per arte, fatto dalla mano maestra di Girard, venuto a Napoli durante la Repubblica. Nel qual tempo ei ne ritrasse l’immagine che io dissi certamente somigliante, tanto corrispondeva al tipo morale che m’era fitto in mente. È vestito alla repubblicana, a modo della convenzione: cravatta bianca con gran fiocco, panciotto rosso e il cilestro dell’abito. Un incarnato vivace, una tinta bianca ma del mezzodì, una fisonomia aperta, uno sguardo dolce, un sorriso benigno e leale. Viso ovale e pieno, fronte spianata e serena, un po’ coperta da capelli assestati ma senz’ordine; naso grande ma bello in proporzione. Ci si scorge l’uomo dabbene, il proposito fermo, la mente elevata, il cuore affettuoso.

Vidi commossa la figlia, e più commosso ebbi io a partire da quella casa onorata.[17]

Torniamo ora al filo della narrazione dei Beneventani e, per la precisione, della generazione dei nipoti di Rocco.

Per quanto concerne l’onorevole Valerio: non sappiamo se sia stato sposato e se abbia avuto figli, ma non abbiamo alcuna notizia di suoi discendenti.

Nessuna notizia di Clelia (l’altra figlia di Rocco) e di una sua eventuale discendenza.

E neppure siamo riusciti a recuperare notizie rilevanti dei figli di Sofia (e di Fedele Avati)[18] ed Elisa (i figli dell’Architetto Ignazio Rispoli: Rocco Valerio Emilio/1855; Silvio Alfonso Andrea/1857; Federico Achille Vincenzo/1858; Elvira Clelia Sofia/1859; Gustavo Federico Mariano/1862.

Più copiose e, per certi aspetti intriganti, sono le notizie recuperate sui figli di Emilio. E saranno costoro a transitare la saga dei Beneventani, che fino ad un secolo prima erano radicati in uno sperduto paesino sulle montagne dell’Appennino Lucano, verso il Novecento e, da questo punto, in giro per l’Italia.

 

Silvia Beneventani

 

La prima figlia che nasce dalla coppia Emilio Beneventani e Matilde Pangrati è Silvia Carolina Fara Maria. È il 10 marzo 1862.

Porta il nome della nonna paterna Silvia Albanese dei Castrioti Scanderbeg e della nonna materna Carolina Selvaggio, a suggellare un tributo alla figura di grandi donne che hanno attraversato la storia e la fortuna di questa famiglia. A testimoniarne la nascita Emilio porta il vecchio amico di famiglia, ormai settantaseienne: Don Michele Langone, fu Francesco, negoziante di origine di Calvello, per un legame con la terra natia mai reciso, nemmeno dai figli di Rocco.

Atto di Nascita di Silvia, Carolina, Fara, Maria Beneventani da Emilio Beneventani fu Cavalier Don Rocco e Matilde Pangrati fu Giacomo

Non abbiamo altre significative notizie sulla primogenita di Emilio, per tutto il corso dell’Ottocento, fino a ritrovarla nel secolo successivo, quando vive in casa del fratello Valerio, almeno nei primi due decenni del Novecento.

La cara zia Silvia, tanto amata dai nipoti, ma anche molto rispettata per il suo spessore culturale e molto presente nella vita familiare, almeno per quello che si desume dall’epistolario dal fronte dei nipoti. [19]

 

 

 

 

 

Rocco Beneventani (junior)

 

Una figura centrale in questa nuova generazione dei Beneventani è rappresentata da Rocco Beneventani; evidentemente in on

Atto di Nascita di Rocco, Emanuele, Giacomo Beneventani da Emilio Beneventani fu Rocco e Matilde Pangrati fu Giacomoore dell’illustre nonno.[20]

Nasce l’11/07/1863 a Napoli, nel Quartiere San Giuseppe, in Via Cisterna  dell’Olio n° 18.

Ancora in giovane età, mentre è impegnato negli studi universitari, si arruola nell’esercito e frequenta l’accademia per allievi ufficiali di fanteria: un’opzione inconsueta per la tradizione liberale della famiglia Beneventani.

Già nella Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia dell’anno 1887 Beneventani Rocco, volontario di un anno in congedo illimitato, è fra i nominati sottotenenti di complemento dell’esercito permanente ed assegnato al secondo battaglione bersaglieri

Intanto continua gli studi e si laurea in ingegneria: altra professione non proprio in linea con la tradizione di giurisprudenza familiare.Nell’Annuario militare del Regno d'Italia, a partire dal 1888 e successivi, fino al 1902 e 1903,[21] è inquadrato puntualmente come sottotenente degli ufficiali di complemento di fanteria, con anzianità a decorrere dal 6 marzo 1887 ed è assegnato a Napoli.

Verosimilmente questo Rocco Beneventani, che accantona la carriera militare a metà degli anni ’80 dell’Ottocento, è lo stesso che già nell’Annuario Generale del Regno d’Italia del 1893 viene censito fra gli Architetti ed Ingegneri della Provincia di Napoli, con lo studio ubicato in Vico Pero, Palazzo Cimitile. La stessa situazione risulta per gli anni successivi fino al 1899, allorché si specifica che lo studio è accessibile da Via Tribunali, sempre nel Palazzo Cimitile.[22]

Negli anni successivi non si ha più notizie dell’Ingegnere Rocco Beneventani, ma deve essere vissuto ben oltre la Prima guerra mondiale, se nel 1927 la sua paternità è citata con il “di Rocco” e solo nel 1933 troviamo il “fu Rocco”.

Facciata della Chiesa dei Girolamini Via Tribunali Napoli

Ed è lo stesso che nel 1892 è chiamato da P. D. Errico Mandarini, Soprintendente del monumento dei Gerolomini, in Napoli (una delle più belle basiliche edificate in Italia nel periodo barocco), a relazionare sullo stato della facciata dell’edificio ed a proporre un progetto di restauro.[23]

Il 6 aprile 1893 sposa Amalia De Pisis, che in realtà era una sua cugina diretta, per essere figlia di Enrichetta Pangrati (sorella della madre Matilde) e di Giovanni Battista De Pisis.

Due suoi figli (come vedremo in seguito) espanderanno il prestigio della famiglia Beneventani nel Nord Italia: uno a Milano (Diego), l’altro a Torino (Emilio). 

 

Benvenuto Beneventani

 

Un’altra figura carismatica di questa nuova generazione dei Beneventani è quella di Beneventani Benvenuto.

È un avvocato che vive ed esercita la professione a Napoli, dove è censito già nell’Annuario d’Italia, Guida Generale del Regno dell’anno 1899 fra i Procuratori di Napoli con lo studio in Via Stella 4. Ancora nel 1914 è censito fra i Procuratori presso la Corte d’appello e il Tribunale civile e penale di Napoli.[24]

Benvenuto Beneventani è un personaggio davvero ben in vista e di sicuro molto conosciuto nella Napoli dell’inizio Novecento. 

Ha l’onore ed il privilegio di ricoprire la prestigiosa carica di Console dell’Ambasciata di Persia in Italia a Napoli, succedendo, intorno al 1904/1905, all’imprenditore tedesco Giulio Aselmeyer, che l’aveva ricoperta per oltre un trentennio.[25]

Una rappresentanza che dura a lungo: dal Calendario generale del Regno d'Italia ne ricaviamo che è già Console di Persia a Napoli nel 1906 e lo è per tutti gli anni successivi, fino sicuramente al 1920.[26]

Non può mancare, naturalmente, dato il prestigio che gode nella società napoletana, la rappresentanza politica. Ricopre la carica di consigliere comunale al Comune di Napoli, dalle Elezioni generali del 12 luglio 1914,[27] fino a tutto il 1918, allorché raccoglie le condoglianze del Sindaco , della Giunta e dell’intera assemblea consiliare, per la morte prematura, al fronte, del nipote Wladimiro.

In questo periodo abita in Via San Nicandro 27.

E non può mancare neppure, in piena tradizione familiare, l’attività filantropica. L’avvocato Benvenuto Beneventani è ricordato come uno dei due solerti Governatori dell’Ospizio di San Gennaro che, collaborando con il Sopraintendente Costantino Bellotti, si adoperano per l’amministrazione del Reale Ospizio e Ospedale dei SS Pietro e Gennaro extra moenia, detto più comunemente San Gennaro dei poveri.[28]

 

Valerio Beneventani

 

Atto di Nascita di Valerio, Francesco, Diego Beneventani da Emilio Beneventani fu Cavalier Rocco e Matilde Pangrati fu Giacomo

Il terzo dei figli di Emilio è Valerio Beneventani.

Porta evidentemente il nome dello zio onorevole Valerio, a testimonianza di una coesione familiare molto forte e sentita, almeno per tutto il XIX secolo.

Vive con la moglie Clotilde Dezzi (che ha sposato l’11 marzo 1893) ed i figli Wladimiro, Carlo, Benedetto, Mario, Massimo ed Emilia, nella sua casa in Via Vasto a Chiaia n° 2, finché una imprecisata malattia della moglie non costringe l’intera famiglia a spostarsi prevalentemente nella proprietà di campagna a Carinola, in provincia di Caserta.[29]

 


Insomma un intellettuale a tutto tondo, a cui viene insignito il titolo di Cavaliere.Ci è descritto dalle cronache familiari come uomo di grande cultura e di svariati interessi, che ama condividere con la famiglia ed in particolar modo con il primo figlio Wladimiro, con cui scambia testi e dissertazioni sui classici e sulla filosofia. Nelle descrizioni ricavabili dalle lettere dei due figli più grandi, impegnati al fronte, se ne ricava la figura di un uomo mite, piuttosto schivo, un padre amorevole ed un marito premuroso.[30]

Verosimilmente è un avvocato; forse quel Beneventani Cav. Valerio, che ha lo studio in Via Salita Tarsia n° 4, censito fra gli avvocati del Foro di Napoli nell’Annuario Generale del Regno degli anni 1893 e 1894.[31]

Sappiamo che all’epoca della Grande Guerra si dedica prevalentemente all’amministrazione del patrimonio che, oltre a proprietà nel Casertano, consiste anche in terreni coltivati nel basso Lazio.[32]

Una fugace esperienza politica la realizza alle Elezioni generali dell’11giugno 1916 per il Consiglio Comunale di Napoli, ma durerà davvero poco tempo.[33]

Dedica dei nonni Clotilde e Valerio Beneventani al piccolo Camillo D’Amelio figlio di Luigi D’Amelio ed Emilia Beneventani Intestazione del volume in cui sono raccolte le lettere dal fronte dei due figli Wladimiro e Carlo Beneventani Stampato nella Legatoria dei Ciechi Istituto Paolo Colosimo Napoli 1925

La vita familiare sarà funestata dalla morte in guerra dei suoi primi adorati figli: Wladimiro, nel giugno del 1918; e Carlo, qualche mese dopo, nell’ottobre dello stesso anno, proprio qualche giorno prima della fine della guerra.

Tenerissima e struggente è la dedica che i coniugi Valerio e Clotilde vergano, a mano, per il nipotino Camillo D’Amelio, in testa al libro in cui sono raccolte le lettere, le cartoline e le foto che Vladimiro e Carlo, i due figli morti in guerra, hanno spedito dal fronte.

[1]Alla cura della Mostra partecipò un giovane studioso di storia dell’arte molto stimato da Croce, Enzo Petraccone, di Muro Lucano, che ebbe, qualche anno dopo, a finire i suoi giorni sulle montagne oltre il Piave, in una inutile e stupida guerra, che avrebbe sottratto prematuramente alla vita altri due giovani intellettuali della Famiglia Beneventani, Vladimiro e Carlo, o dei D’Amelio (Camillo), che avrebbero incrociato più tardi la stessa Famiglia Beneventani.

[2] Un volume corposo che meriterebbe maggiore attenzione da parte degli studiosi di storia patria, anche per sentire gli umori degli intellettuali napoletani, a pochi decenni dall’unificazione d’Italia, come suggerisce Giuseppe Galasso nella sua prefazione alla ristampa anastatica del 2011, voluta dal Comune di Napoli.

[3] Catalogo della Mostra di ricordi storici del Risorgimento Meridionale d’Italia curata da Salvatore Di Giacomo; Napoli, 1912; ristampa anastatica; Napoli 2011; p. LV.

[4] I due ritratti erano in prestigiosa compagnia, con il ritratto di Domenico Cimarosa ed il suo Inno Repubblicano autografo. (Sigg. Fratelli Beneventani) Catalogo della Mostra…, pp 10-11.

[5] (Fratelli Beneventani). Di Catalogo della Mostra… p 235.

[6] Catalogo della Mostra… p 238.

[7] Si tratta dell’opuscolo manoscritto consultato dal Morelli, di cui si è parlato abbondantemente in un precedente capitolo. Catalogo della Mostra… p 249.

[8] Catalogo della Mostra… p 250.

[9] Sono le Note Biografiche del Cavalier Rocco Beneventani di Domenico Vestini.

[10] Catalogo della Mostra… p 251.

[11] Alcune carte riguardanti il Generale Costituzionale Giuseppe Rossaroli. Catalogo della Mostra… p 256.

[12] Nello stesso salone, nella quarta vetrina, era esposto anche un Manifesto di Ferdinando II del 29 febbraio 1848, contenente Disposizioni dopo la Costituzione, portato dai fratelli Beneventani. Catalogo della Mostra… p 286.

[13] Catalogo della Mostra… pp 333-334.

[14] Giuseppe Albanese e la Repubblica napoletana: catalogo della Mostra documentaria. Noci, Liceo scientifico statale, 24-28 novembre 1999; a cura di Vito Liuzzi, Giuseppe Basile, Jose Mottola.

[15] Non abbiamo notizie di questo piccolo ritratto ad olio, utilizzato dall’artista per creare il busto di Giuseppe Albanese. Abbiamo recuperato invece una fotografia del ritratto, sempre ad olio, attribuito al pittore francese Francois Gérard, scartato perché ritenuto scarsamente somigliante, all’epoca, dagli amministratori di Noci.

[16] Questa volta si tratta di Valerio (diremmo) Junior, nipote del più famoso onorevole Valerio Beneventani.

[17] Mariano D'Ayala: Vite degl’Italiani benemeriti della libertà e della patria. Bocca, 1883. Pubblicato a cura dei figli dell’autore; pp 15-16

[18] Abbiamo notizie solo della nascita di una figlia (14 novembre 1862), a cui diedero il nome di Marianna che, il primo giugno 1887, si unirà in matrimonio con Federico De Palma.

[19] Oltre ai saluti e gli affettuosi ricordi in gran parte delle lettere e delle cartoline dei nipoti dal fronte, troviamo un simpatico aneddoto raccontato da Carlo in una lettera scritta da Torino il 25 ottobre 1917 al padre: “ Mio Carissimo papà…sono andato a visitare il Museo Civico d’Arte Moderna…fra l’altro (dillo a zia Silvia, che si consolerà) in una immensa cornice e nel posto più bello ho contemplato l’originale di Vincenzo Marinelli nella rappresentazione di Ferrante Gonzaga e Masaniello, il di cui bozzetto è nel nostro salotto;…”

[20] È il primo rampollo della nuova generazione e non potevano che nominarlo come cotanto illustre nonno.

[21] Annuario militare del Regno d'Italia. Vol. II Ruoli di anzianità degli Ufficiali in congedo. Anche nella Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia dell’anno 1895, parte IV è inquadrato fra gli ufficiali di complemento di fanteria con il grado di sottotenente; ed è sempre assegnato a Napoli.

[22] Nel Palazzo Cimitile era ubicato il prestigioso studio dello zio onorevole Valerio Beneventani, anche se l’accesso era direttamente dalla Via di Santa Teresa degli Scalzi.

[23]“…Il (valente Ingegnere Rocco) Beneventani mandò al P. Mandarini una lunga e minuta relazione, nella quale, rilevati i danni, …, terminava con una doppia proposta: 1) che la maggior parte degli scalini fossero smontati e rimessi in opera,…Circa poi alla facciata, che fosse lavata con la massima cura…posti i piccoli tasselli di marmo dove mancano,…rimarginati con istucco gli assetti… 2) Che, fatti questi lavori,…sarebbe stato necessario chiudere…l’ingresso al tempio con una cancellata in ferro, da situarsi sull’ultimo scalino di pietra vesuviana…La Commissione Provinciale, dopo attento esame, nella tornata del 23 aprile 1892, deliberava: di dar parere favorevole sul progetto dell’Ing. Beneventani per restauri alla facciata della chiesa monumentale dei Gerolomini in Napoli…”Per la facciata della Chiesa dei Girolamini, in Napoli Nobilissima, Rivista di Topografia ed Arte Napoletana, Vol II, Anno 1893, pp 94-95.

[24] Annuario del Ministero di grazia e giustizia e dei culti. Anno 1914

[25] L’imprenditore tedesco Giulio Aselmeyer, era stato con l’azienda filature Vonwiller & C. fra i protagonisti delle manifatture cotoniere meridionali nell’Ottocento. Vedasi G. Wenner: Lo Stabilimento di Nocera delle Manifatture Cotoniere Meridionali, Contributo alla storia economica dell’Italia meridionale; in Rassegna Storica Salernitana (1963-1964).

[26] Calendario generale del regno d'Italia. Annualità 1906/1907/1910/1914/1915/1916/1917/1918/1919/1920.

[27] Archivio Storico Municipale. Atti del Consiglio comunale di Napoli voll. dal 1861 al 1924. Elenco dei Consiglieri comunali della Città di Napoli (1861 – 1916). Per ordine di anzianità Elezioni generali del 12 luglio 1914 (anno 1914 - pag. V: 76. Beneventani avvocato Benvenuto); (anno 1915 - pag.VII: 73. Beneventani avvocato Benvenuto)

[28] Bollettino del Comune di Napoli rassegna illustrata di storia, arte, topografia e statistica napoletana. Anno XVI. 1916. IV sezione. Il Reale Ospizio e l’Ospedale di San Gennaro extra moenia; pag. 48.

[29] “…La madre è colta da una malattia nervosa che mette in scompiglio quella famiglia così compatta ed amorosa – ci riferisce Enrico Sannia nella sua prefazione al volume di raccolta di lettere dal fronte di Wladimiro e Carlo – e li obbliga tutti a trasferirsi in campagna e ad abitare un casone rustico…”.

[30] Wladimiro, scrivendo alla Mamma cara, l’11 dicembre 1917, vergava queste affettuose considerazioni sul padre: “…e papà, perché raffreddato, perché abbattuto? M’auguro che non sia preoccupato pel suo primo figlio, che ha fede di riabbracciarlo ancora, che ha fede di discutere ancora con lui di filosofia, di scienza, di storia, mantenendo alti sempre la fede, gli ideali, gli scopi di vivere…”. E, qualche settimana dopo, direttamente al padre: “Babbo carissimo, da quanto tempo non ti scrivo; da quanto tempo non mi ricordo a te, che mi hai spronato nella vita ad amare tutto ciò che v’è di ideale, di sublime, di mistico…”. E Carlo il 12 agosto 1917: “Carissimo papà mio…Grazie anche per la sorpresa agreste giunta graditissima e a proposito: non dubitare che berrò il Vermouth e col seltz e l’amaro…di felsina, in ricordo di quello preso tante volte insieme, alle nostre peregrinazioni. Vorrei esserti vicino, ma spero bene che tutto si completi anche stando tu da solo…che te ne pare, caro papà? Lontani, è vero, ma sostenitori dei principi del diritto, che anche i nostri antenati affermarono…”. Sempre Carlo in un’altra lettera del 25 ottobre 1917: “Mio carissimo papà, malgrado la tua pepetua instabilità causa le quistioni, che tante volte m’hanno fatto tuo – credo – rimpianto compagno, fortunatissimo da parte mia avendo appreso a conoscere a quelle spine che nella vita è ottimo conoscere prima dei fiori, pur tuttavia voglio direttamente dirigere a te questi pochi righi, che per pochi momenti mi ti fanno più vicino con l’animo.…Dovrei ringraziarti, te e la carissima mamma mia, per i sacrifizi continui ed incompresi fatti per procurarmi anche da lungi quel benessere che non mai m’è mancato….fedele ai tuoi principi di studioso, in luogo di fare baldoria, e ritornando più intensamente artista del pennello, sono andato a visitare il Museo Civico d’Arte Moderna con la soldatesca spesa di cent.mi 0,50…”

[31]Annuario d’Italia, Calendario Generale del Regno. Anno 1893 e 1894. Non può essere il più noto onorevole zio Valerio, poiché intanto, all’epoca, è già stato nominato Commendatore e, comunque, ha sempre avuto lo studio, nel Palazzo Cimitile.

[32] Una mano sulla gestione del patrimonio gliela aveva dato il figlio secondogenito Carlo, finché non fu chiamato in guerra; il 4 agosto 1917 Carlo scrive dal Corso Allievi Ufficiali: Carissimo papà…ho appreso che sei di ritorno a Carinola…Quando hai un po’ di tempo fammi sapere tutto, perché sono ansioso di nuove di affari, dato che ci sono stato tanto tempo di mezzo…

[33]Archivio Storico Municipale. Atti del Consiglio comunale di Napoli voll. dal 1861 al 1924. Elenco dei Consiglieri comunali della Città di Napoli (1861 – 1916); p. 43:11. Beneventano Valerio

Torna al blog

Lascia un commento

Si prega di notare che, prima di essere pubblicati, i commenti devono essere approvati.