Famiglia Beneventani: I figli di Rocco

Quando abbiamo intrapreso questa fatica di tracciare, per sommi capi, le linee della storia dei Beneventano/i di Sasso, ci eravamo fatto l’idea che tutto potesse e dovesse ruotare intorno alla figura dell’illustre Consultore di Stato Rocco Beneventani.[1]

Quello che potevamo raccontare prima era solo un breve prologo alla storia di questa grande figura e quello che era accaduto dopo di lui immaginavamo fosse un breve corollario senza grandi pretese.

Ed invece abbiamo scoperto, come già raccontato in precedenza, due grandi personaggi già nel nonno (il notaio Tommaso) e, soprattutto, nel padre (il giudice Francesco); ed ancor di più (per quanto proveremo a raccontarvi in seguito) nei suoi figli e nella loro progenie.

Di certo, se volessimo noi sassesi dedicare ad ognuno di loro una via, un largo o un vicolo, a testimonianza della gratitudine cittadina per il lustro apportato alla nostra comunità, dovremmo dotarci di un discreto stradario.

Inizialmente la vita della famiglia del nostro illustre concittadino si svolse a Napoli; ed intorno all’antica capitale del Regno Borbonico, dove erano conosciuti e rispettati (come vedremo non solo per il buon nome del padre) gravitarono prevalentemente le attività della progenie dei Beneventani, per tutto il corso dell’Ottocento.

Nel corso del XX secolo, invece, li ritroveremo (sempre se il filo di interconnessione fra di loro non ci inganna) in azione, in campi diversi, in tutta Italia, da Milano a Torino ed ancora a Napoli.

Angela Valente ci informa, nelle sue preziose note biografiche su Rocco Beneventani, nel Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani (Volume 8, 1966), che dal matrimonio con Silvia Albanese dei Castrioti, celebrato nel 1817, ne nacquero cinque figliuoli, fra i quali Valerio, che fu deputato del Regno d'Italia.

Non facciamo fatica a crederle, conoscendo lo spessore della ricercatrice[2] e la possibilità che ha avuto di consultare, in quell’epoca, le carte della Famiglia Beneventani, così come lei stessa annota nella biografia.

Un’autorevole conferma in tal senso ci arriva, del resto, anche dalle Note Biografiche del Cavalier Rocco Beneventani, che il cugino Domenico Vestini ha consegnato alle stampe nel 1870 e che, evidentemente ben informato sulla composizione familiare dei Beneventani, parla anch’egli di cinque figliuoli, fra cui Valerio.

Tuttavia, a distanza di oltre sessant’anni da quel suo prezioso pezzo, per noi è stato molto più difficile recuperare (dai documenti online e da qualche altro documento sparso fra Napoli, Sasso ed alcune biblioteche) l’identità di tutti e cinque i figli di Rocco Beneventani.

Del resto notizie biografiche di un certo rilievo sono più facilmente reperibili solo per due di loro: Emilio e Valerio.[3]

Ora però (dopo lunga ed anche fortunata ricerca, da fonti varie)[4] possiamo ragionevolmente identificare i cinque figli di Rocco Beneventani e Silvia Albanese: nell’ordine Sofia (1820), Valerio (1823), Clelia (1824), Elisa (1825), Emilio (1828).

 

Sofia Maria Maddalena Beneventani

 

Una prima figlia nacque in capo ad un anno dal matrimonio. Erano le tredici del 2 ottobre 1818, quando nella casa in cui la coppia Beneventani-Albanese abitava, in Via Medina, n° 61, nel Comune di San Giuseppe, nacque una bambina a cui diedero il nome di Sofia; ed aggiunsero Maria, per ricordare il nome della nonna paterna, Maria Sarli (che era morta da oltre vent’anni) e Maddalena, per testimoniare l’affetto e la riconoscenza a Maddalena Vestini, la nonna materna, (che invece era molto presente nella famiglia).

E doveva essere così felice il padre di aver dato un volto alla sapienza che si presentò personalmente negli uffici comunali per registrare la nascita della fanciulla, nientemeno che alle ventidue (come risulta dall’atto); e portò con sé, per testimoni, l’amico pittore Don Cosimo de Focatis e l’altro amico di sempre, l’avvocato Don Francesco Antonio Ceglia.

Purtroppo la gioia, come la fanciulla, ebbe vita breve: si spense dopo cinque mesi, nella serata del 20 febbraio 1819.

 

 

 

 

 

 

 

Sofia Beneventani

 

Un anno più tardi nasce un’altra bambina e di nuovo le viene imposto il nome di Sofia: questa volta senza nessuna aggiunta.

Era il 14 febbraio del 1820 quando “il Signor Don Rocco Beneventani, di anni quaranta, di professione Capo di Ripartimento del Ministero dell’Interno, domiciliato in Strada Medina 61”, si presenta davanti all’ufficiale di stato civile del Circondario di San Giuseppe per dichiararne la nascita.[5]

Non abbiamo, al momento, altre informazioni sulla vita di questa figlia, se non che era sposata con il Cavalier Signor Fedele Avati, di otto anni più anziano di lei.[6]

Atto di nascita di Avati Marianna di Avati Fedele e Sofia Beneventani

Abitavano in Via Esattoria della Palomba a Chiaia, n° 5, quando, il 14 novembre 1862, nacque loro una bimba che chiamarono Marianna.

Solo un’altra notizia, che finisce per essere una conferma; la ricaviamo dagli Statuti e regole interne per gli asili infantili della città di Napoli proposti dalla commessione instituita col decreto de' 19 di novembre del 1860, approvati dal consigliere della luogotenenza per la pubblica istruzione ai 29 di febbrajo del 1861.

Fra i soci a tempo (benefattori con rate annuali) degli asili infantili della città di Napoli inscritti fino al 31 di marzo del 1861 troviamo:

In giugno …. Avati Sofia Beneventani _ per lire 16

In ottobre …. Beneventani Emilio_ per lire 16

In Novembre …. Beneventani Valerio _ per lire 16

 

 

Valerio Beneventani

 

Dei figli del famoso Consultore di Stato, di sicuro Valerio Beneventani fu quello che ebbe una carriera più luminosa; ed è anche quello più facilmente rintracciabile negli annuari e nelle cronache del tempo.

Per meglio inquadrare il valore del personaggio ci lasciamo guidare dalle brevi, ma intense note biografiche che Giuseppe Pesce traccia nel suo volume “Casoria nella bufera della "Nuova Italia", occupandosene poiché proprio nel Collegio elettorale di Casoria ebbe ad iniziare la carriera parlamentare di Valerio Beneventani. …l’avvocato Valerio Beneventani godeva – non solo in parlamento – di una vasta stima, perché oltre ad essere figlio di un noto giurista e politico (Rocco Beneventano), da parte di madre era nipote di Giuseppe Albanese, martire della Repubblica Napoletana del 1799…[7]

Nato a Napoli il 15 febbraio 1823, laureato in Giurisprudenza, esercitò a lungo e con grande prestigio la professione di avvocato, nella sua Napoli, nobilitando ancor di più, se possibile, la tradizione di famiglia.

Ancora prima dell’Unificazione d’Italia lo troviamo censito, insieme al fratello Emilio, fra gli avvocati di Napoli nell'Album, ossia Libro d'indirizzi commerciale, scientifico, artistico per l'anno 1856; [8] hanno uno studio associato, ubicato in Via Cisterna dell’Olio n° 26.

Il suo studio era conosciuto non solo a Napoli ed in Campania, ma anche nella Puglia e nel Lazio, ove fu spesso incaricato nella difesa di Comuni, o altre amministrazioni pubbliche, in complicate cause civili.

Una sorta di specializzazione, si potrebbe dire, in cause di annose questioni feudali e strascichi di eversione della feudalità, che ben si iscrivono nel filone paterno ed atavico. Alla Biblioteca Universitaria di Napoli ed alla Biblioteca Nazionale di Napoli sono conservate una serie di memorie a stampa[9] delle cause sostenute in questi anni, quando era ancora vivo il padre.

Già nel 1849 sosteneva le ragioni della Deputazione dei fiumi e delle foreste della Capitanata, contro l’Amministrazione del Duca di San Vito.

Nel 1850 era ancora impegnato nella Provincia di Foggia a difendere il Comune di Celenza (oggi Celenza Valfortore, nel Sub Appennino Dauno Settentrionale) contro il Signor Graziano Laccone. E negli stessi anni difendeva anche il Comune di Foggia contra i signori Padiglione.

Nel 1851 difendeva il Comune di Monticelli di Fondi[10] in una causa contro la Mensa Arcivescovile di Gaeta.

Nel 1857 era invece impegnato in un’altra causa, a Napoli, fra la Tesoreria Generale e gli eredi Torlonia.

         La professione di avvocato resta, nonostante i molteplici impegni politici e le attività di rappresentanza, il binario guida della sua vita.

Nell’Annuario del Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti dell’anno 1885 è censito fra gli avvocati accreditati tanto presso la Corte d'appello ed il Tribunale civile e correzionale di Napoli,[11] quanto presso la Corte di Cassazione di Napoli. E lo stesso risulta per l’anno 1886 e tutti gli anni successivi fino al 1895.[12]

        

Nell’Annuario d’Italia, Calendario Generale del Regno dell’anno 1896, risulta che il Cav. Valerio Beneventani ha lo studio di avvocato (se non anche la residenza), a Napoli, nello storico Palazzo Cimitile (palazzo dei principi Albertini di Cimitile), in Via Santa Teresa degli Scalzi 76.

Tuttavia, l’impegno più tenace e più prestigioso di Valerio Beneventani è dedicato all’attività politica, tanto nella sua città, quanto in Provincia e, soprattutto, nel Parlamento del nuovo Stato unitario.

Forte della lunga e gloriosa tradizione familiare di intellighenzia liberale, non trova nessuna difficoltà a sintonizzarsi con le idee politiche del nuovo Stato italiano.

Rappresenterà, con grande stima da parte di tutti e con grande prestigio, lungo tutto il primo quarantennio del nuovo Regno unitario, la destra liberale napoletana e meridionale.

Così si esprimeva nei suoi confronti, nel 1880, Telesforo Sarti: Beneventani Valerio, avvocato e patriota delle provincie meridionali, fu eletto per la prima volta deputato alla Camera nazionale nell'VIII legislatura dal collegio di Casoria, rappresentato poi dal medesimo anche nelle legislature IX ed XI. Sedette a destra; nondimeno fu di coloro che diedero voto contrario al Governo nella questione dei provvedimenti finanziari del 1873. I colleghi lo stimarono assai; in prova di che lo elessero fra i segretarii dell'ufficio di presidenza durante la IX legislatura.[13]

Ed un decennio dopo si ripeteva: Beneventani Valerio, avvocato e liberale napoletano, fu eletto per la prima volta deputato alla Camera nazionale lungo l'VIII legislatura del Parlamento dal collegio di Casoria, che gli affidò di nuovo il mandato pel corso delle legislature IX e XI. Durante poi la XV legislatura fu alla Camera come uno dei deputati del 2° collegio di Napoli. Politicamente il Beneventani militò nelle file del centro destro ed i colleghi, anche avversarii, lo ebbero in molta stima mai sempre per le preclare sue doti di mente e di cuore. Fu tra i segretari dell'ufficio di presidenza durante la IX legislatura. Cooperò pur egli al trionfo della causa nazionale al tempo della dominazione borbonica. A Napoli ha fatto e fa parte di parecchie pubbliche amministrazioni, a cagion d'esempio del Consiglio municipale ed in tutti gl'incarichi da lui sostenuti ha dato prova di zelo, di capacità e di onestà la più scrupolosa. Egli ed il Bonghi stanno a capo dell'Associazione Costituzionale di Napoli.[14]

Fu consigliere ed assessore del comune di Napoli, e consigliere provinciale – ci informa nel suo bel lavoro Battista Ermanno – Ricoprì anche altre cariche pubbliche. Alla Camera fece parte della Destra, che appoggiò nella sua città come fondatore dell’“Associazione Costituzionale”.[15]

La sua attività politica si innesca subito appena cade il regime borbonico e cambia lo scenario istituzionale.

Cercando fra le carte dell’Archivio Storico Municipale del Comune di Napoli risulta una prima volta nell'elenco stilato dopo la Sessione Straordinaria - Tornata dell’11 giugno 1861.[16]

Il Pungolo (Giornale della sera di Napoli, anno II, giovedì 30 maggio 1861) ci informa che Beneventano Valerio è stato fra i primi eletti (12° con 1452 voti) alle amministrative di Napoli.

E deve già godere di grandissima stima (che va ben oltre il prestigio della figura paterna) da parte della nuova classe dirigente, se viene immediatamente chiamato a far parte della Giunta Municipale di Napoli, guidata da Giuseppe Colonna.[17] Un documento del 11 dicembre 1860 ci attesta il suo ingresso nell’amministrazione dell’ex capitale borbonica già per quella data.[18]

Nel Consiglio Comunale di Napoli resterà fino a tutto il 1864.[19] Poi, dopo una lunga parentesi dedicata a più alti impegni (nel frattempo il compito della rappresentanza nel Consiglio Comunale di Napoli è affidata al fratello Emilio), torna a sedere sugli scranni del Municipio di Napoli dopo la tornata elettorale suppletiva del 1879, per eleggere il quinto dei consiglieri rinnovabile.[20] E vi rimane fino al 1884, allorché viene rieletto di nuovo per rinnovare il quinto dell’assemblea.[21]

Ed è proprio in questa consiliatura che il Comm. Valerio Beneventani,[22] Assessore alle Opere Pie del Comune di Napoli, riceve un Attestato di pubblica Benemerenza fra coloro che prestarono l’opera loro in soccorso dei danneggiati nell’isola di Ischia,[23] scossa da un violento terremoto il 28 luglio 1883.[24]

Rimane in Consiglio comunale fino a tutto il 1889,[25] e, rieletto nella elezione generale del 3 novembre 1889, Rimane in carica fino al 6 dicembre 1891.[26]

Meno duratura, ma altrettanto importante, è la partecipazione al Consiglio Provinciale di Napoli: lo ritroviamo fra i consiglieri negli anni 1871, 1872,[27] 1873,[28] 1874 e 1875, e poi ancora nell’anno 1884, senza ricoprire però ruoli istituzionali.

Controversa e sofferta fu la sua prima elezione al Consiglio Provinciale di Napoli: si presentò nel Collegio di Frattamaggiore (ove si votò il 24 luglio 1870), che comprendeva anche i comuni di Pomigliano di Atella e Grumo-Nevano (ove si votò invece la settimana successiva, il 31 luglio 1870); ottenne 184 voti, contro i 160 di Danise Francesco, ma non fu proclamato vincitore, su indicazione della Deputazione Provinciale, per presunti brogli nella sezione di Grumo-Nevano, che, invece di annullare l’intera competizione elettorale, decise di non tener conto dei voti espressi in quella sezione e ribaltò il risultato in favore del Danise, proclamato consigliere provinciale in data 16 settembre 1870.[29] Ovviamente fu presentato ricorso dal comune di Grumo-Nevano, che vedeva non rappresentati i propri voti, ma fu respinto dal Consiglio Provinciale. Dovette, in seguito, intervenire il Ministero degli Interni, anche se solo un anno dopo, per ripristinare la legale rappresentanza elettorale in quell’angolo di Provincia napoletana, intimando di procedere ad una nuova tornata elettorale nella sola sezione annullata e sommarne i risultati alle altre due, per dare la giusta rappresentanza all’intero Collegio. Le nuove elezioni si tennero la mattina del 6 agosto 1871, che portarono a questo risultato, annotato nella delibera dell’Amministrazione Provinciale, assunta, in seduta straordinaria, il 2 settembre 1871: …Visto il verbale…dal quale risulta sopra centododici elettori iscritti novantaquattro essendosi presentati a votare, tutti han votato pel sig. Cav. Valerio Beneventano… la Deputazione proclama Consigliere Provinciale pel Mandamento di Frattamaggiore il Cav. Valerio Beneventani.[30]

Ma Valerio Beneventani è ben accreditato presso la nuova classe dirigente postunitaria (che su di lui pone molte aspettative) ed è anche ben addentrato nei gangli del potere, per non provare a fare, fin da subito, il salto di qualità nella rappresentanza politica ed imboccare la carriera parlamentare.[31]

Una prima occasione gli è offerta dalle elezioni suppletive del 1° marzo 1863[32] nel Collegio uninominale di Casoria.[33]

Siamo nell’VIII Legislatura del Regno Sabaudo (la prima del Regno d'Italia) e la sede del nuovo Parlamento è sempre il Palazzo Carignano a Torino.[34]

Il Collegio uninominale di Casoria risultò uno dei più problematici del neonato Regno d’Italia, almeno nei primi anni della sua esistenza.[35]

All’eclatante caso del Duca Francesco Proto – ci informa ancora Giuseppe Pesce, che delle vicende di Casoria si è occupato approfonditamente – seguì a Casoria un anno e mezzo di battaglie elettorali, con cinque nuove votazioni (di cui quattro annullate), fino alla primavera del 1863.[36]

Alle elezioni suppletive del 1° marzo 1863, Valerio Beneventani fece una semplice comparsa: 34 voti dei 436 votanti, sugli 871 aventi diritto in quel Collegio. Non partecipò neppure al ballottaggio, ma l’ulteriore annullamento di quelle elezioni (per un vizio di forma) gli consentì di partecipare alla successiva suppletiva del 26 aprile 1863, nella quale, a sorpresa, arrivò secondo (130 voti), dietro il potente massone Praus (200), che però riuscì a battere nel ballottaggio del 3 maggio 1863. Anche queste furono elezioni contestatissime, ma alla fine convalidate dalla Camera.

In questo ultimo scorcio di VIII legislatura, Valerio Beneventani si rese molto attivo. Favorito dagli ambienti di governo fin dalla sua prima elezione (quella del 1863, evidentemente segnata da brogli) – ci ricorda ancora Pesce – nei suoi primi mandati Beneventani si dedicò con impegno sincero alla politica. Già nel corso del 1864, infatti, aveva preso parte a diverse Commissioni parlamentari: per la cessione gratuita al Municipio di Napoli di terreni e fabbricati posseduti dallo Stato; per la Scuola di applicazione degli ingegneri idraulici di Ferrara; per la Scuola di applicazione e l’Istituto tecnico superiore di Milano; per la pensione vitalizia a ciascuno dei mille che fecero parte della spedizione a Marsala; ed anche per la repressione del brigantaggio. Ed aggiunge: Beneventani partecipò insomma attivamente ai lavori parlamentari, tessendo rapporti con i colleghi deputati; ma, preso dal dibattito nazionale e dai grandi e cocenti temi di quegli anni, non riuscì a diventare il punto di riferimento che cercavano gli elettori del Collegio di Casoria. [37]

Eppure, il Collegio non era del tutto fuori dalla sua mente: il grande progetto di interconnessione ferroviaria fra Tirreno ed Adriatico, da Napoli a Foggia, a scavallare l’Appennino, via Benevento, ebbe la sua stazione a Casoria. La circostanza fu molto apprezzata, tanto che il Municipio di Casoria sentì il bisogno di indirizzare una petizione di plauso alla Camera.

Questo clima favorì la rielezione di Valerio Beneventani alle elezioni generali del 22 e 29 ottobre 1865 per l’apertura della IX Legislatura.[38] Non ci fu nemmeno bisogno del ballottaggio: ebbe 278 voti (più di 1/3 dei 714 aventi diritto e più della metà dei 412 votanti effettivi) contro i 105 del Praus.

Valerio Beneventani era ormai conosciuto e rispettato alla Camera dei deputati e subito venne eletto come Segretario nell’Ufficio di Presidenza della Camera.[39]

Tuttavia, questo alacre e continuo impegno nei lavori parlamentari nella nuova sede della Camera a Firenze, lo tennero lontano per troppo tempo dal suo Collegio.

E quando la IX Legislatura si concluse in anticipo e furono indette nuove elezioni generali, dovette subire l’onta non solo di non essere rieletto, ma addirittura di non arrivare nemmeno al ballottaggio.[40]

Anche la X Legislatura si concluse prima del previsto.[41]

All’apertura delle urne per la XI Legislatura, naturalmente era presente nel Collegio di Casoria, ancora una volta, Valerio Beneventani, che ebbe un notevole successo, battendo nuovamente il massone Praus, al primo turno.[42]

Questo risultato non andò giù al Praus, che provò ad opporsi all’esito, fino a provocare un’inchiesta parlamentare sulle elezioni di Casoria, che si concluse l’11 febbraio 1871 con la convalida dell’elezione di Beneventani.[43]

L’esperienza non gli difettava e neppure la rete di relazioni,[44] nella pur rinnovata platea dei deputati del Regno d’Italia, che da questa legislatura si riunì in Palazzo Montecitorio,dopo lo spostamento della capitale a Roma.[45]

Anche questa legislatura si concluse anticipatamente e si tornò alle elezioni l’8 novembre 1874, in un clima sfavorevole per la compagine governativa.[46]

Nel Collegio di Casoria si rinnovò l’epico scontro fra Valerio Beneventani, campione della Destra governativa e Michele Praus, rappresentante dell’opposizione. Questa volta, però, il risultato fu invertito: Praus fu eletto al primo turno con 338 voti contro i 284 di Beneventani. Ne seguirono polemiche violentissime, che investirono anche la stampa nazionale e portarono alla determinazione della Giunta per le elezioni della Camera dei deputatia sospendere, nella seduta del 15 dicembre, la convalida dell’eletto del Collegio di Casoria, per presunti brogli elettorali, e ad ordinare addirittura una inchiesta giudiziaria.[47]

Si ritornò a votare il 18 aprile 1875 e di nuovo vinse al primo turno il Praus (342 voti) su Beneventani (261), con un’affluenza altissima (75%), come ci si aspettava nelle più accese battaglie.[48]

La XII Legislatura durò meno di due anni. L’avanzata prepotente della sinistra, specialmente al Mezzogiorno, portò alle elezioni anticipate, che si tennero il 5 novembre 1876 e segnarono la vittoria della sinistra (o meglio delle sinistre) sulla destra storica. A queste elezioni non partecipò Valerio Beneventani, né nel Collegio di Casoria, né in altro collegio della Campania: evidentemente aveva annusato l’aria pesante per la sua compagine.

Nondimeno scema l’attività politica e pubblica in questo periodo: siede nel Consiglio Comunale di Napoli e si occupa di attività di rappresentanza ed amministrazione di prestigiosi Istituti, oltre a curare, come abbiamo visto, il suo studio da avvocato.

È socio attivo (insieme al fratello Emilio) del prestigioso Comitato napoletano per il progresso degli studi economici, come risulta dagli Atti proprio di questo periodo.[49]

Dal 1874, se non prima, è membro del Consiglio Direttivo del Regio Collegio di musica di Napoli e lo è fino ad agosto 1877, quando rinuncia formalmente all’ufficio di membro esterno, come risulta dalla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia di quell’anno.

Il 24 agosto 1876 verga una lunga ed appassionata lettera al Consiglio Provinciale di Napoli, in qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale clinico Gesù e Maria, che è in difficoltà economiche, per chiedere la dilazione della restituzione di una rata di debito, che ottiene insieme ad un sussidio straordinario.[50]

Il 13 ottobre del 1880 risulta far parte del Consiglio Direttivo dell’Istituto “Casanova” d’Arti e Mestieri di Napoli.

Nello stesso anno partecipa al Congresso Internazionale di Beneficienza di Milano in qualità di rappresentante e Membro dell'Associazione Napolitana per gli studi sulle Opere Pie.[51]

È anche socio della neonata sezione del Club Alpino Italiano di Napoli.[52]

Anche l’attività politica non è messa da parte. Insieme a Ruggiero Bonghi, Beneventani era – ci ricorda ancora Pesce – a capo dell’Associazione Costituzionale di Napoli; e sperando di raccogliere le forze liberali della provincia, nel marzo 1880 fondò anche a Casoria l’Associazione Costituzionale, ma il tentativo non diede i risultati sperati.[53]

Intanto la XIII legislatura, nonostante le divisioni all’interno della sinistra (è una malattia atavica, forse congenita!) e l’avvicendamento di ben 6 compagini governative, dura quasi quattro anni, fino alle nuove elezioni del 16 maggio 1880, le ultime a suffragio ristretto e con il sistema del collegio uninominale a doppio turno.

Valerio Beneventani, vista anche l’uscita di scena del suo acerrimo avversario, Michele Praus (che si era, proprio nei mesi precedenti la fine della legislatura, dimesso da deputato e ritirato dalla politica), decise di ritornare nell’agone; ed ancora una volta nel Collegio di Casoria. Fu di nuovo sconfitto (262 voti): questa volta battuto al primo turno dal Duca di San Donato Gennaro Sambiase (362 voti); e quando poco dopo si liberò il collegio perché Sambiase aveva optato per un altro collegio di Napoli, in cui pure era stato eletto, decise di non ripresentarsi.

La XIV Legislatura del Regno durò poco più di due anni (dal 26 maggio 1880 al 2 ottobre 1882), ma fu il periodo in cui si cambiò la legge elettorale.[54]

Con queste nuove regole volle misurarsi l’ormai navigato politico Valerio Beneventani ed ebbe ragione.

Alle elezioni per la XV Legislatura del 29 ottobre 1892 si presentò nel Collegio plurinominale di Napoli II ed ebbe 2339 voti (su 9209 votanti): fu il secondo degli eletti e tornò nel Parlamento del Regno.

Non abbiamo notizie sull’attività parlamentare del Beneventani in questa Legislatura. Sappiamo solo che alle elezioni del 23 maggio 1886, per la XVI Legislatura, non bastarono mille voti in più della tornata precedente (3357 voti su 11443 votanti) per includerlo fra i 5 deputati eleggibili dal Collegio plurinominale di Napoli II: arrivò solo ottavo.[55]

E tuttavia non era suo costume arrendersi; da politico navigato ed ormai profondo conoscitore delle alterne fortune del rapporto con la società e, dunque, con gli elettori, alle elezioni per la XVII Legislatura, che si svolsero il 23 novembre 1890, l’ormai quasi settantenne Commendator Valerio Beneventani si ripresentò nel Collegio plurinominale di Napoli II e fu eletto di nuovo in Parlamento. Fu il quinto degli eletti, con 4397 voti degli 11521 votanti.[56]

Anche questa Legislatura durò molto poco (meno di due anni), giusto il tempo di cambiare di nuovo le regole del gioco, in termini elettorali, ripristinando, fra l’altro, i vecchi collegi uninominali.

Così alle elezioni del 6 novembre 1892 per eleggere i deputati della XVIII Legislatura del Regno d’Italia, Valerio Beneventani scese di nuovo nell’agone per la sua ennesima campagna elettorale, ancora una volta nel ricostituito Collegio uninominale di Casoria, che aveva visto principiare, 30 anni prima, le sue fortune politiche.

I tempi, però, erano irrimediabilmente mutati: fu battuto dal politico emergente del posto, il conte Marco Rocco, che ebbe 1518 voti contro i 1055 del Beneventani (su 2597 votanti). Per l’occasione i Casoriani si inventarono uno stornello per sostenere il loro campione ed a sfottò del Beneventani, ritenuto, nonostante le mille battaglie sostenute in quel collegio, un estraneo alle tematiche ed alle aspettative di quella popolazione.

Beneventane, Beneventane,

Nuie vulimm’ ‘o paisano,

nun bulimm’ a n’ommo locco,

ma vulimm’ a Marco Rocco!

Questo canto si udì ripetere dagli elettori di Caserta – ci informa Luigi Molinaro del Chiaro, nella sua raccolta di canti popolari napoletani – nelle elezioni politiche, quando erano candidati Valerio Beneventani e il Conte Marco Rocco.[57]

E questa fu l’ultima campagna elettorale di Valerio Beneventani, che da allora si dedicò prevalentemente al suo studio di avvocato ed alla famiglia.

 

 

Clelia Beneventani

 

        

Atto di Nascita di Clelia Beneventani

Non abbiamo altra informazione di questa terza figlia di Rocco Beneventani e Silvia Albanese se non la notizia della sua nascita, ricavabile dagli atti anagrafici del Circondario Avvocata del Comune di Napoli.

        

Largo San Giuseppe dei Nudi con il palazzo del civico 75 Dove abitava la famiglia Beneventani  negli anni ’20 del XIX secolo  A sinistra la Chiesa di San Giuseppe de’ Nudi A destra la Casa Generalizia delle Piccole Ancelle di Cristo Re

Era il 27 settembre del 1824 quando nacque in Via San Giuseppe de’ Nudi n° 75, nel Palazzo adiacente all’omonima chiesa, molto venerata dai napoletani per la reliquia della famosa “mazzarella di San Giuseppe”.[58]

         Poi più nulla.

 

 

Beneventani Elisa

 

        

Elisa Beneventani, nasce il 15 ottobre 1825, quando Rocco e Silvia abitano in Largo San Giuseppe de’ Nudi n° 76, nel Circondario Avvocata del Comune di Napoli. Il Cav. Beneventani, ormai quarantaseienne, si presenta all’ufficio anagrafe, insieme allo zio sacerdote, Don Paolantonio Beneventani (che di anni ne ha 84) ed al Baroncino Don Giuseppe Cav Borrelli, in qualità di testimoni, per registrarla come Elisa, Teresa, Camilla Beneventani.

         Abbiamo ancora recuperato il suo Atto di Matrimonio.

Atto di Matrimonio di  Elisa Beneventani e  L’Arch. Ignazio Rispoli

L’8 febbraio 1855 Elisa, trentenne, sposa  l’Architetto Ignazio Rispoli, di Castellammare, figlio di Don Giovanni Rispoli e Donna Agnese Di Rosa.

Ignazio, di 10 anni più grande di lei, è anche già vedovo, per aver perso prematuramente (33 anni), due anni addietro (1853) la prima moglie, Donna Maria Teresa dei Baroni Fortunato, che gli aveva lasciato due figli.

Andarono a vivere a Napoli, in Via Montecalvario 5, ed ebbero, per quanto ci è dato sapere cinque figli: Rocco Valerio Emilio (tutti gli uomini di casa Beneventani, 23 dicembre1855); Silvio Alfonso Andrea (1857); Federico Achille Vincenzo (1858); Elvira Clelia Sofia (1859); Gustavo Federico Mariano (1862).

Null’altro sappiamo di lei.

Molte notizie ci sono invece su suo marito: Ignazio Rispoli, uno degli architetti più estrosi ed eclettici (e per queste virtù fra i più ricercati) del panorama professionale napoletano fra vecchio regime e nuovo Regno d’Italia.[59] Nato a Castellammare di Stabia il 1817/18 si laurea in Architettura presso la Facoltà di Fisica e Matematica di Napoli il 21 febbraio 1838. E comincia subito la sua fervida attività professionale. Riprendiamo da una breve biografia pubblicata recentemente:[60] “Del 1840 è un Progetto per un camposanto non identificato, in forme neoromane (Buccaro 1992: 178; 180). Nel 1844 realizza il rilievo della pianta del nuovo Camposanto (D’Ambra 1845: 7). Sarà anche Architetto «vigilatore» insieme a Ruggiero per l’esecuzione delle opere nel nuovo Camposanto, affinché fossero conformi al progetto approvato, e architetto direttore dal 1849 del nuovo camposanto insieme col Malesci (Buccaro 1985).[61] Il 17 settembre 1845 si registra all’albo degli Architetti giudiziari.[62] Nel 1845 partecipa con delle sue opere personali ad un concorso dell’Accademia di belle arti di Napoli[63] e nel 1847 ebbe, per questa sua partecipazione, la menzione per la piccola medaglia d’oro.[64] Qualche anno dopo lo troviamo impegnato a realizzare due veri e propri capolavori nella parrocchia di San Giovanni Battista, già chiesa di San Sebastiano, sede dell’Arciconfraternita del SS. Rosario del Trivione.[65]

Fu Autore – continua la biografia – del rinnovamento della copertura del convento della Pace a Napoli nel 1851 (Celano Chiarini 1856 – 60: 369).[66]  

Nel 1856 è censito in Via Montecalvario 5: là dove sappiamo che abitava con la moglie Donna Elisa Beneventani e con i figli.[67]

Il 31 marzo 1859 presentò al Consiglio Edilizio, una proposta insieme a Gaetano Romano, in qualità entrambi architetti di dettaglio per le sezioni Chiaia e San Ferdinando, di una nuova strada che passando attraverso i giardini di via Cavallerizza, conduceva fino al largo Santa Teresa, collegata con rampe al corso Maria Teresa. La via doveva essere fiancheggiata da sontuosi edifici e larghi 283 lungo il suo percorso. Una strada secondaria attraversava i quartieri spagnoli giungendo al Ponte di Chiaia, con rettifiche e livellazioni che si collegavano fino alla nuova piazza da realizzare al Ritiro Mondragone (Rossi 1998: 51 – 52).

Dal 1860 al 1866 effettuò il restauro al Santuario di San Gennaro alla Solfatara (a Pozzuoli, ove è custodita la pietra dove a San Gennaro fu mozzata la testa), in seguito ai danni subiti per un grave incendio nella notte tra il 21 ed il 22 febbraio. [68]

 

Santuario di San Gennaro alla Solfatara  Vi è custodita la pietra dove a San Gennaro fu mozzata la testa. La struttura, anche se sorge sul territorio di Pozzuoli, appartiene da secoli alle proprietà della città di Napoli

Dal 1875 al 1879, anno della sua morte, fu impegnato nei lavori di ingrandimento della Cattedrale di Castellammare di Stabia, con la costruzione della crociera e del presbiterio, [69] realizzandovi anche la cappella di San Catello.[70]

È l’ultima opera a cui si dedicò prima di morire, ancora giovane, a soli 60 anni.

Nel 1878, in seguito alla morte dell'architetto Ignazio Rispoli – leggiamo dal sito della Concattedrale di Castellammare di Stabia – la direzione fu affidata al figlio di quest'ultimo, l’Ingegnere Giovanni Rispoli, che provvide anche a redigere il progetto della nuova facciata del Duomo.

Gli sono attribuiti: - conclude la biografia - il restauro e ingrandimento rimasto incompiuto del Duomo di Castellammare di Stabia, l’Ossario comune nel cimitero di Poggioreale e il progetto con Giovanni Riegler, di una strada provinciale nel territorio di Gragnano (Rossi 1998: 113).

Realizzò inoltre numerosi sepolcri nel Camposanto, tra cui quello del Duca di Noja, e disegni per dettagli di cancelli e scale in pietrarsa da eseguirsi al Cimitero (Venditti 1961).

Ricordiamo anche il sepolcro per Rachele Calì, in stile neoclassico e ornato d’intagli e statuette marmoree (D’Ambra 1845: 32).[71]

Fu anche Professore onorario dell’Accademia di Belle Arti, e Ispettore degli Scavi di Castellammare (Rossi 1998: 113). 

 

 

Emilio Beneventani

 

 

Atto di Nascita di Emilio Paolo Diego Beneventani

Il 5 luglio 1828 nasce, sempre nella casa in Largo San Giuseppe dei Nudi 75, un altro rampollo della famiglia Beneventani, secondo figlio maschio ed ultimo della famigliola: Emilio Paolo Diego.

Anche Emilio, nel filone della tradizione di famiglia, si avvia ad una prestigiosa professione di avvocato, iniziando, giovanissimo, la carriera nello studio associato, con il fratello maggiore Valerio, ubicato in Via Cisterna dell’Olio n° 26.[72]

Abbiamo memoria di due cause da lui sostenute. Una risale al 1849, condotta  insieme all’avvocato Cesare Marini, ed è una causa tra il sig. d. Pasquale Tursi contro d. Michele Lupinacci;[73] la seconda è una causa del 1851 a difesa di Gennaro Baffi di Acri ricorrente contro il comune di Luzzi, sempre in compagnia dell’avv. Cesare Marini.[74]

Naturalmente, coinvolto dal fiorire delle idee liberali, partecipa anch’egli attivamente alla vita politica e sociale della Napoli post-unitaria.

Per la verità, le competenze personali ed il prestigio della famiglia, hanno già portato Emilio ad essere nominato funzionario del Ministero dell’Interno, proprio negli ultimi giorni del Governo Borbonico. Abbiamo notizia che il 5 settembre 1860 in un Decreto Regio di Nomina d’impiegati nella Segreteria di Stato dell’Interno, Ramo Interno fra gli Uffiziali di Terza Classe, Secondo Rango troviamo Emilio Beneventani.

È eletto consigliere comunale di Napoli nell’Elezione generale del 1° Settembre 1872;[75] il 30 dicembre dello stesso anno gli viene conferito il titolo di Cavaliere.[76]

Dagli Atti del Comitato napoletano per il progresso degli studi economici dell’anno 1875/76 ne risulta socio, insieme al fratello Valerio.

Via Cisterna dell’Olio a Napoli (da Google maps) all’altezza del civico 18 (il portone sulla destra) In fondo a destra è la casa dove visse Giuseppe Moscati. 50 metri a sinistra è lo sbocco in Via Toledo

Dal 1874 e per oltre un decennio (sicuramente fino al 1884) lo troviamo quale Consigliere supplente presso la Società Promotrice di belle arti in Napoli.

Ma la storia più bella che gli appartiene è il nobile impegno nel salvare lo storico Istituto Suor Orsola Benincasa dalla furia anticlericale del nuovo Regno unitario, consapevole che si tratti di una poco nobile ed ingorda volontà di accaparrarsi i fondi ecclesiastici, semplicemente come bottino di guerra.

Emilio Beneventani è tra coloro che, con intelligenza e con tenacia, riescono a dimostrare che l’Istituto (ora Università degli Studi Suor Orsola Benincasa) ha gestione e finalità laiche e, dunque, non è incamerabile ai beni dello Stato.

Si legge nella cronografia di quella che oggi è diventata una delle più prestigiose Università private italiane:

“…Il destino della cittadella monastica mutò dopo l'unità d'Italia, quando il Ritiro di Suor Orsola riuscì a sfuggire alla legge sull'incameramento statale dei beni degli ordini religiosi perché considerato "Opera pia a carattere laicale". Anche per rafforzare questo riconoscimento - messo in forse da una causa giudiziaria con la Cassa Ecclesiastica - vi venne fondata una scuola gratuita. Essa fu inaugurata il 10 luglio 1864, grazie soprattutto all'impegno di Emilio Beneventani, che resse il Governo laico di Suor Orsola (subentrato al governo delle oblate) per oltre vent'anni, sino alla sua morte nel 1887.[77]

Aperta con 32 fanciulle, la scuola negli anni Settanta ospitava circa 500 allieve, ed era formata da una classe materna, le cinque classi elementari e un corso magistrale di tre classi. Vi era poi una sala per i lavori domestici affidati a una maestra speciale e consistenti in lavori di sartoria, di ricamo e di crestaia, a cui poi si aggiunse la produzione di fiori artificiali. Dal 1871 si insegnarono lingua francese e computisteria, declamazione e canto corale e nel 1878 fu istituito un corso di telegrafia…Tale progetto educativo si completava, nel 1885, con l'istituzione della facoltà di Magistero, avvenuta con Decreto Regio e pareggiata nel 1901 insieme a quelle di Roma e Firenze.”

Il 17 ottobre 1869 si procedette, in pompa magna, alla premiazione dei lavori delle fanciulle ospiti del Ritiro Suor Orsola. I premi vennero consegnati dalla nonagenaria Raffaela Vitaliano Moccia dei Duchi di Oratino, sulla base della scrupolosa selezione operata dalle due Ispettrici, la Principessa di Fondi e Matilde Beneventani.[78] Ad Emilio Beneventani, uno dei tre Governatori dell’Istituto, toccò pronunciare il discorso ufficiale.[79]

Altrettanto meritorio e proficuo fu il suo contributo all’implementazione ed alla gestione degli asili infantili nella città di Napoli. e non solo per la sua personale contribuzione (16 lire annuali) nelle casse della Società per gli Asili infantili della città di Napoli (insieme alla sorella Sofia ed al fratello Valerio),[80] che denota un’antica sensibilità familiare verso l’educazione dei fanciulli.

Divenne uno degli artefici dell’evoluzione (in quegli anni difficili di ricostruzione della società civile e delle relazioni sociali ed amministrative nella nuova funzione della Napoli post-unitaria), dell’Opera Pia che si occupava dell’educazione primaria dei fanciulli poveri.[81]

Lo Statuto della Società degli asili infantili fu approvato, con Regio Decreto del 26 maggio 1870, in sostituzione degli Statuti approvati trent’anni prima (il 22 maggio 1841) dai Borboni.

L’Opera Pia aveva come scopo di “tenere in custodia i fanciulli poveri sia maschi che femmine dai tre ai sette anni e dar loro gratuitamente l’educazione fisica e, secondo l’età, quella intellettuale. I fanciulli stanno nell’asilo il giorno, lì ricevono la minestra e la sera tornano alle loro case”.[82]

Copertina dello Statuto della Società per gli asili infantili della Città di Napoli approvato con Real rescritto il 22 maggio 1841

Vi era un Consiglio di Direzione e Amministrazione composto di sette membri eletti dai soci. Nel 1875-76 il Consiglio Direttivo dell’ente era presieduto da Michele Ruggiero ed aveva come consiglieri il Marchese Francesco della Valle, il conte Girolamo Giusso, Luigi Fulvio, Don Errico Attanasio e il Marchese Gaetano del Pezzo. Il segretario era il Cavaliere Emilio Beneventani che aveva nel suo ufficio il Cavalier Domenico Vestini,[83] Eduardo Guerrieri, Errico Ruffini, il ragionier Nicola Verulli e come aiutante di tesoreria Alessandro Marulli.[84]

Intanto il lavoro dell’Opera Pia aveva portato a dei risultati straordinari: a Napoli vi erano, fra pubblici e privati, 20 asili,[85] rispetto all’unico esistente prima dell’unificazione (quello fondato dal Barone Rotschild).[86]

Il lavoro della Società per gli asili è costante: una vera e propria palestra di esercizi giuridico-amministrativi e politici, nel panorama della nuova legislazione nazionale; ma era soprattutto un luogo d’incontro di nobili, borghesi e religiosi, accomunati dalpensiero liberale-moderato e dall’impegno sociale per l’istruzione e l’educazione dei più piccolifigli del popolo.

Nel 1880, per venire incontro alle esigenze economiche dell’opera pia un gruppo di personalità della cultura, dell’arte, della politica decise di pubblicare un Albo “artistico-letterario” la cui vendita (1 lira per ogni copia dell’Albo) sarebbe andata a favore degli asili infantili di Napoli.[87]

Il Comitato “per l’esecuzione dell’albo “ era composto da Amedeo Balz, Emilio Beneventani, Luigi Curion, Raffaele Ferrarelli, Pietro Franchi, Luigi Fulvio e Vincenzo Martinelli, segretario generale dell’Opera Pia.[88]

Emilio Beneventani sposa, il 23 maggio 1861, Matilde Pangrati, figlia del ricco commerciante Giacomo e di Carolina Selvaggio. 

Dal matrimonio nacquero 4 figli (nell’ordine Silvia, Rocco, Valerio e Benvenuto) che andranno ad occupare l’intera generazione successiva nella saga dei Beneventani.

Atto di Matrimonio di Emilio Beneventani e Matilde Pangrati

 

[1] Il proposito era quello di raccogliere la sollecitazione di mia figlia Michela, che, accingendosi a vivere nella casa natale di Rocco Beneventani, mi chiedeva di avere notizie più dettagliate sulla sua figura e sulla costituzione del Maritaggio di Sasso (Legato Beneventani), che, a suo avviso, rappresenta uno delle manifestazioni di affetto verso la propria gente e di amore verso il proprio paese, tra le più belle e nobili che si possano immaginare: la costituzione di una dote per consentire alla ragazza più povera del paese di costruirsi una famiglia dignitosa.

[2] Si veda, a tal proposito, la bella biografia della Valente, ad opera di Renata De Lorenzo, in "Una storica a Napoli nell’entre-deux-guerres: Angela Valente, in Potere, prestigio, servizio. Per una storia delle élites femminili a Napoli (1861-1943), a cura di Emma Giammattei - Gabriella Liberati, Napoli, Guida..." 

[3] Gli stessi (ed i soli) che partecipano, insieme al padre Rocco, alla vendita della casa di proprietà a Calvello, verosimilmente appartenuta, come visto nel capitolo precedente, allo zio sacerdote Don Diego Beneventani.

[4] Molto importante e fruttuosa è stata la ricerca online sul portale dell’Archivio di Stato di Napoli, ed in particolare sulla voluminosa fonte dell’Anagrafe del Portale degli Antenati.

[5] È ancora davvero molto forte il legame con la terra di Basilicata se, a fargli da testimone all’atto, si recano l’immancabile Don Francesco Antonio Ceglia, avvocato di Montemurro, e Don Vincenzo Pascale, di Muro, impiegato del Ministero dell’Interno.

[6] Pochissime notizie siamo riusciti a raccogliere intorno a questo genero di Rocco Beneventani. Il calendario generale del Regno d’Italia del 1871 ci rimanda ad un omonimo Avati Fedele, sindaco di Sinopoli, in Calabria. Il 26 giugno 1883 è citato nella Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, fra i tantissimi creditori del fallimento del commerciante Guglielmo Ruffo-Scilla, proclamato già nel 1870 dalla Corte d’Appello di Napoli.

[7] G. Pesce. Casoria nella bufera della "Nuova Italia". Studi Campani, 29 dicembre 2019, p 18.

[8] Edito a Napoli dai Tipi di Filippo Serafini, Strada Carbonara n° 97, p 237

[9] Editi dalla Tipografia Avallone.

[10] Dopo l’Unità d’Italia, per le stesse ragioni che portarono Sasso a darsi il cognomine di Castalda, cioè per risolvere le omonimie, si chiamò Monte San Biagio, nel sud del Lazio e della provincia di Latina.

[11] Dal 1890 diventa Tribunale civile e penale di Napoli

[12] Per l’anno 1892 è accreditato solo presso la Corte di Cassazione, ma sappiamo che in quell’anno era di nuovo impegnato in Parlamento.

[13] T. Sarti. I rappresentanti del Piemonte e d'Italia nelle tredici legislature del regno.A. Paolini edizioni, Roma 1880. 

[14] T. Sarti. Il Parlamento subalpino e nazionale, profili e cenni biografici di tutti di deputati e senatori eletti e creati dal 1848 al 1890 (legislature XVI). Editrice dell'Industria, 1890

[15] Battista Ermanno. Notabilato e rappresentanza politica in Campania (1861-1882). Dottorato in Scienze Storiche, Archeologiche e Storico-Artistiche. Università Federico II di Napoli. Dipartimento Scienze umanistiche. 2017.

[16] Archivio Storico Municipale. Atti del Consiglio comunale di Napoli voll. dal 1861 al 1924. (anno 1861 - pag.3). Lo ritroviamo ancora al n° 9 dell’elenco dei Consiglieri Comunali di Napoli dopo la Sessione Straordinaria - Tornata del 4 settembre 1861. Ibidem (anno 1862 - pag.717).

[17] Di quella giunta facevano parte, oltre a Valerio Beneventani, meno che quarantenne, personaggi dello spessore di Ferdinando Pandola, uomo molto vicino a Garibaldi, ma anche Fedele De Siervo, Federico Persico, Roberto Barracco, Paolo Cortese, G.B. Valliano, Florestano De Lorenzo, Francesco Marricola, Emiddio d’Errico, Carlo Consiglio ed Ercole Cedronico.

[18] …e con altro decreto del detto dì (11 dicembre 1860) sono nominati Aggiunti i signori…Valerio BeneventaniDagli Atti Ufficiali del Governo delle Provincie Napolitane, Dittatore Garibaldi e Prodittatore Giorgio Pallavicino e del Luogotenente Generale del Re Luigi Carlo Farini estratti dal Giornale officiale di Napoli dal 7 Settembre al 34 Dicembre 1860; p. 292

[19] Archivio Storico Municipale. Atti del Consiglio comunale di Napoli voll. dal 1861 al 1924.Secondo le elezioni generali del 1861, e parziali del 1862, 1863 e 1864 (a) (anno 1864 - pag.655).

[20] Ibidem (anno 1880 - pag.717). Nella stessa tornata venne eletto un altro illustre “corregionale”: il giurista Nicola Alianelli da Missanello.

[21] Ibidem (anno 1884 - pag.651).

[22] Intanto si fregia del titolo di Commendatore e non più Cavaliere.

[23] Gazzetta ufficiale del regno d'Italia, 1884-Parte III. Supplemento al n° 231 della G.U. del regno d'Italia; p. 7

[24] Alle 21.30 circa del 28 luglio 1883 un violento terremoto distrusse interamente Casamicciola e gli abitati circostanti, provocando2.313vittime, fra le quali i genitori di Benedetto Croce; lo stesso Croce fu estratto dalle macerie vivo per miracolo, seppur gravemente ferito. Quella sera era presente sull’isola anche Giustino Fortunato, che, scampato al pericolo si adoperò nelle operazioni di soccorso.

[25] Ibidem (anno 1888 - pag.957).

[26] Ibidem (anno 1889 - pag.1327).

[27] Nella sessione ordinaria che il Consiglio tenne il 17 settembre 1872 nell’Aula di S. Maria la Nova, fu Proclamato componente la Giunta provinciale di Statistica, voluto a stragrande maggioranza dei consiglieri (26 voti, contro i 6 di Carabelli, i 4 di Palumbo e 2 schede bianche); Atti del Consiglio Provinciale di Napoli, Anno 1872.p. 25.

[28]Nella seduta del 1 settembre 1873 è nominato componente della commissione consiliare per le Bonifiche. Atti del Consiglio Provinciale di Napoli, Anno 1873; p. 67. Nella seduta del 13 settembre 1873 si batte (insieme al suo rivale storico Praus) per far ottenere al Comune di Frattamaggiore un sussidio straordinario dalla Provincia, per l’allargamento ed il lastricamento di una strada provinciale che attraversava l’abitato. Ivi; pp. 165-182

[29] Ovviamente si trattava di grandi elettori, in tutto 349; ottenne 71 voti a Frattamaggiore, 43 a Pomigliano di Atella e 70 a Grumo-Nevano. Atti della Deputazione Provinciale di Napoli, Anno 1871, pp. 494-500.

[30] Atti della Deputazione Provinciale di Napoli, Anno 1871, pp. 494-500.

[31] Le elezioni politiche del nuovo Regno d’Italia erano regolamentate dalla legge elettorale del 20 novembre 1859, estesa alle province meridionali con il decreto del 17 dicembre 1860. La normativa elettorale era sostanzialmente legata al censo e riservava il diritto di voto ai soli cittadini di sesso maschile che avessero compiuto i 25 anni di età, che possedessero il requisito dell'alfabetismo e che pagassero un'imposta diretta progressiva (censo) di almeno 40 lire. Indipendentemente dal censo erano elettori tutti i laureati, i notai, i professori, gli accademici, i funzionari pubblici ed altre figure professionali prestigiose. Quindi una platea molto ristretta ed elitaria. Spettava alle Amministrazioni comunali stilare le liste elettorali, che erano permanenti, salve le cancellazioni e le addizioni che puonno seguire al tempo dell’annuale loro revisione. La popolazione del Regno secondo il censimento del 1861 era di 25.213.150 unità; di questi 418.696 erano gli aventi diritto al voto, pari all'1.66% della popolazione totale; votarono effettivamente 239.583 elettori, pari al 57.22% degli aventi diritto. B. Ermanno. Notabilato e rappresentanza politica in Campania (1861-1882). Dottorato in Scienze Storiche, Archeologiche e Storico-Artistiche. Università Federico II di Napoli. Dipartimento Scienze umanistiche. 2017; pp 62-65.

[32] Il sistema elettorale del Regno di Sardegna prima e del Regno d’Italia poi era un sistema maggioritario uninominale a doppio turno: ogni collegio, infatti, eleggeva un solo deputato ed era previsto un ballottaggio tra i due candidati maggiormente votati nel caso in cui, alla prima votazione, nessun candidato avesse ottenuto più di 1/3 dei voti degli aventi diritto e metà dei voti validamente espressi.

[33] Il Collegio di Casoria, ai sensi del Regio Decreto 17 dicembre 1860, è composto da: Casoria ed Arzano del circondario di Casoria; il circondario di S. Antimo; i comuni di Fratta e Grumo del circondario di Fratta Maggiore, il comune di Crispano del circondario di Caivano e quello di Melito del circondario di Mugnano.

[34]Aperta in Torino il 18 febbraio 1861, la legislatura ebbe due sessioni. La prima, prorogata per tre volte, fu chiusa il 20 maggio 1863. Con lo stesso decreto si aprì anche la seconda sessione il 25 maggio 1863, prorogata ancora per tre volte. Fu definitivamente chiusa con il regio decreto n. 2462 del 7 settembre 1865.

[35] Alle prime elezioni nazionali del 27 gennaio 1861 era stato eletto Francesco Proto Carafa, Duca di Maddaloni, che, dopo un ballottaggio con Francesco Mandoj-Albanese (parente di Valerio Beneventani, per parte di madre),[35] fu protagonista di una clamorosa azione di protesta parlamentare, a denuncia dei soprusi e dell’atteggiamento da conquistatori dei Piemontesi, a danno delle popolazioni e del territorio del Mezzogiorno. Uno dei pochi rappresentanti del Partito Cattolico nel nuovo Parlamento a forte impronta liberale (ed anticlericale), fu oggetto di una feroce campagna denigratoria e di violenti attacchi politici ed ostruzione parlamentare, tanto che una sua Mozione d’inchiesta non fu mai letta e mai votata nel Parlamento di Palazzo Carignano e lui stesso fu costretto a dimettersi il 27 novembre 1861. Piuttosto che ritirare la Mozione d’inchiesta, come si pretendeva dal Governo e dalla maggioranza, preferì dimettersi. Quando mi accinsi a scrivere la mia Mozione d’inchiesta parlamentare per le provincie napoletane – leggiamo dalla sua lettera di dimissioni letta alla Camera dei Deputati dal suo vecchio amico Giuseppe Massari – eravi consigliato dal dolore che in me destava l’infelicissimo stato del mio paese… pertanto io non posso ritirarla e ritiro invece la mia persona dalla Camera elettiva, dolorosamente protestando contro un potere che par non voglia sapere, né riparare i mali che travagliano le Provincie napoletane…G. Pesce.Casoria 1861. La difficile Unità.: I Rocco, Proto e Padre Ludovico. In Studi Campani, Napoli, 2019: pp 36-55

[36]G. Pesce. Casoria nella bufera della "Nuova Italia", in Studi Campani, Napoli, 2019; p 13

[37]G. Pesce. Casoria nella bufera della "Nuova Italia", in Studi Campani, Napoli, 2019; pp 18-19.

[38] La IX Legislatura fu aperta in Firenze il 18 novembre 1865, dopo il trasferimento della capitale da Torino a Firenze e fu chiusa con il regio decreto n. 3507 del 13 febbraio 1867, il quale scioglieva anche la Camera.

[39] Dal verbale della seduta del 9 dicembre 1865 risulta che alla seconda votazione per la nomina dei segretari della Camera, riescono eletti i deputati Cadolini. Salarìs e Gravina, poscia i deputati Silvestrelli, Tenca e Beneventano nel ballottaggio. Alla seconda votazione per la nomina di 6 segretari per l’Ufficio di Presidenza della Camera ebbe 81 voti ed era solo nono. Al ballottaggio successivo conseguì 100 voti ed entrò nella terna degli altri 3 segretari occorrenti. Alla ricomposizione dello stesso Ufficio di Presidenza, il 20 dicembre 1866, fu eletto segretario al primo scrutinio. Come segretario lo ritroviamo spesso nei verbali della Camera a presentare leggi, mozioni, petizioni, ecc. oggetto di discussione della Camera stessa: (18 maggio 1866, 29 maggio 1866, per es.). Archivio Storico della Camera dei Deputati

[40] Stando ai rapporti di polizia – ci informa ancora Pesce – contro la rielezione di Beneventani avevano lavorato il Capitano della Guardia Nazionale di Arzano Raffaele Cimmino, che aveva persuaso il parroco del paese ad appoggiare De Monte (promettendogli mille lire l’anno ed il restauro della chiesa); e l’ufficiale della Posta di Casoria Andrea D’Ambrosio, da trent’anni affittuario delle terre del De Monte nel circondario di Casoria. Alle elezioni del 10 marzo 1867 si presentarono alle urne 483 elettori su 732 (65,9%) che diedero la maggioranza dei voti a Luigi De Monte (182) e Pietro Muti (147), che si lasciarono dietro, seppur di poco, il deputato uscente Valerio Beneventani (139). Al ballottaggio, gli elettori di Beneventani girarono i loro voti al Muti, determinandone la vittoria. G. Pesce. Casoria nella bufera della "Nuova Italia", in Studi Campani, Napoli, 2019; p 19.

[41] Nonostante non fosse ancora terminato il periodo della decima legislatura, il governo decise di indire nuove elezioni generali, piuttosto che integrare la Camera eletta nel 1867 con elezioni parziali nel Lazio. Le consultazioni elettorali si tennero due mesi dopo la breccia di Porta Pia e circa un mese e mezzo dopo l’annessione del Lazio sancita dal plebiscito del 2 ottobre 1870, il 20 e 27 novembre 1870. B. Ermanno. Notabilato e rappresentanza politica in Campania (1861-1882), citato; pp 62-65.

[42] Prestò giuramento, come risulta dagli atti della Camera, il 16 dicembre 1870.Alle elezioni del 20 novembre 1870 si presentarono a votare 537 elettori su 768 (69,9%) e venne rieletto al primo turno Valerio Beneventani (289) che lasciò fuori dal Parlamento Michele Praus (230). G. Pesce. Casoria nella bufera della "Nuova Italia", in Studi Campani, Napoli, 2019; p 26.

[43] ASCD. XI legislatura. Anno 1871. Tornata del 11/02/1871; pp 721-722.

[44] Il suo legame di appartenenza alla Destra storica liberale italiana è testimoniato da un intenso epistolario con l'allora Primo Ministro Marco Minghetti (13 maggio, 22 maggio, 7 ottobre, 22 ottobre 1874), conservato nella Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna; Fondi Speciali - Carteggi: Marco Minghetti. Valerio Beneventani compare anche nella voluminosa corrispondenza di Quintino Sella. Epistolario di Quintino Sella: Indice generale dei nomi di persona e di luogo: Beneventani Valerio: III-412 (1870-1871); V-334 (1875-1878).

[45] Nel 1871 Beneventani faceva parte della Commissione che approvò l’autorizzazione a procedere contro il deputato Federico Gabelli – sintetizza ancora Pesce (p 26) – e poi l’anno seguente partecipò alle Commissioni per il prosciugamento del lago di Agnano e per la ricostituzione dell’antico ufficio ipotecario di Mantova. Sempre nel 1871 è eletto nella Camera fra i membri della Commissione d'inchiesta sulla marina. Nella tornata del 17 dicembre 1871 è eletto fra i membri della Commissione per le petizioni. Nella tornata del 26 aprile 1873 l'onorevole Beneventani chiede un congedo di 10 giorni per ragioni di salute. Ed altri 8 giorni, sempre per motivi di salute, li richiede il 14 giugno 1873. Il 25 novembre 1873 fa parte della deputazione incaricata di presentare, unitamente all'ufficio di Presidenza, a S. M. il Re l'indirizzo in risposta al discorso della Corona.

[46] Le elezioni si svolsero in seguito allo scioglimento della Camera deciso dal Re con decreto pubblicato il 20 settembre 1874: lo scioglimento fu deciso dopo una serie di vicende che misero in minoranza il governo Minghetti II…Dal punto di vista politico le elezioni del 1874 rappresentarono un insuccesso per il Ministero, mentre rafforzarono le posizioni della Sinistra. B. Ermanno. Notabilato e rappresentanza politica in Campania (1861-1882), citato; pp 75-76.

[47] Anche in Aula il dibattito fu molto acceso. « La Giunta, « Visti i verbali dell'elezione avvenuta l'otto novembre nel collegio di Casoria, dove fu proclamato al primo scrutinio il cavaliere Michele Praus con voti 338, contro 284 dati al cavaliere Valerio Beneventano; « Viste le proteste presentate nei detti verbali, e le altre sopraggiunte poi; « Portato l'esame sul punto più rilevante di esse proteste, quale è quello che gli elettori favorevoli al Praus abbiano votato, o tutti o molti di loro, non già colle schede ricevute e scritte lì nella sala, bensì con altre schede preparate altrove… - si legge dal rapporto stenografico di quel giorno – « Considerando che della verità del fatto ci sarebbe, se non prova piena, certo sospetto gravissimo, nelle circostanze che accompagnarono l'elezione, circostanze esposte dai protestanti, e ammesse, in parte almeno, negli stessi verbali,…i protestanti chiesero, lì per lì, nella loro protesta inserita nel verbale, la suggellazione delle schede, e la chiesero ripetutamente: Si insiste sempre per la suggellazione delle schede; il seggio invece, a fronte di questa formale e ripetuta richiesta, a unanimità di voti, rigetta le proteste, e ordina bruciarsi le schede, tranne quattordici contestate per altri motivi. Questo parve alla Giunta un fatto gravissimo, perché faceva sparire deliberatamente i mezzi di prova sopra un punto di nullità invocato dai protestanti contro il risultato dell'elezione.«Per questi motivi la Giunta, a voti unanimi, decide di proporre alla Camera che, sospesa la convalidazione di questa elezione, ordini un'inchiesta giudiziaria per chiarire la verità dei fatti, e potere poi giudicare con piena cognizione».A nulla valse l’accesa opposizione dei Deputati Della Rocca e Lazzaro; prevalse la determinazione della Giunta a non tornare indietro sul proposito di non convalidare l’elezione del Collegio di Casoria e addirittura di ordinare un’inchiesta giudiziaria. ASCD. XII legislatura. Anno 1874. Tornata del 15/12/1874; pp 315-319.

[48]Che bella lezione per il Ministero e per la Giunta! Commentò qualche giorno dopo il Corriere del Mattino.G. Pesce. Casoria nella bufera della "Nuova Italia", in Studi Campani, Napoli, 2019; p 29.

[49] Questo Comitato annoverava fra i soci il fior fiore dell’intellighenzia napoletana, tra professori universitari e presidenti di Corte di Cassazione, da Bartolomeo Capasso a Giustino Fortunato, da Paolo Emilio Imbriani a Errico Pessina, da Antonio Scialoia a Nicola Alianelli.

[50] Atti del Consiglio Provinciale di Napoli, Anno 1876; p. 1077.

[51] Atti del Congresso Internazionale di Beneficienza di Milano, sessione del 1880.

[52] Il Cav. Valerio Beneventani è nell’elenco dei 166 soci che nel 1881 annovera quella sezione.

[53] G. Pesce. Casoria nella bufera della "Nuova Italia", in Studi Campani, Napoli, 2019; p 31.

[54] Scomparvero i collegi uninominali (che furono accorpati in collegi plurinominali: fra questi Casoria, che fu accorpato al Collegio di Napoli II, diventato plurinominale, che eleggeva 5 deputati); ma fu anche abbassata l’età di diritto al voto da 25 a 21 anni e si allargò la platea degli aventi diritto a tutti gli alfabeti e ad altre categorie che avessero avuto a che fare con l’amministrazione pubblica, tanto che passò da 621896 a 2049461 elettori in tutto il Regno.

[55] Il primo eletto fu di nuovo quel Gennaro Sambiase Duca di San Donato, che lo aveva battuto 10 anni prima nel Collegio di Casoria: inossidabile politico di lungo corso, che in tanti sostenevano fosse sostenuto apertamente dalla Camorra.

[56] Il primo fu ancora una volta il Duca di San Donato.

[57]L. Molinaro del Chiaro, Canti popolari raccolti in Napoli. Con varianti e confronti nei varii dialetti. Libreria Antiquaria Lubrano. Napoli 1916; p 364.

[58] La coppia Beneventani-Albanese abitò per oltre un decennio (come si evince dagli atti di nascita dei figlioli che vi nacquero) nel civico 75, il Palazzo adiacente all’edificio alla Chiesa di San Giuseppe di vestire gl’ignudi, nel centro di Napoli. Costruita sui resti del convento agostiniano del ‘500, è un bellissimo complesso monumentale che comprende oltre alla chiesa, di originale architettura e ricca di affreschi, la sagrestia, con la sua collezione di ritratti di sovrani borbonici, papi e cardinali ed il suggestivo giardino settecentesco. Tra le reliquie conservate in questa chiesa si trova il bastone di San Giuseppe, più comunemente conosciuto come la Mazza di san Giuseppe, ancora oggi oggetto di culto e devozione popolare, dalla quale viene il detto di non “sfruculiare la mazza di San Giuseppe”. La vestizione dei poveri ignudi divenne poi il motivo d’essere e la mission del Real Monte ed Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi, fondata nel 1740 per volontà di padre Giuseppe Maria di San Carlo dei Carmelitani Scalzi e la munificenza di alcuni nobili napoletani Francesco Cerio, Domenico Orsini e Nicola Pirro Carafa. La storia dell’Arciconfraternita si intreccia a quella della Corte borbonica: la fine di quest’ultima segna irrimediabilmente il declino dell’Opera pia e della chiesa stessa.

Attualmente nel Palazzo a fianco a quello in cui abitarono i Beneventani è insediata la Casa Generalizia delle Piccole Ancelle di Cristo Re.

 

[59] Nel 1873 è creato Cavaliere della Corona d’Italia.

[60] Universitá Degli Studi Di Napoli Federico II – DiArch: Dottorato di ricerca in Storia e Conservazione dei Beni architettonici e del paesaggio; Tesi di Dottorato: Architetti e ingegneri a Napoli nell’Ottocento preunitario; Dottoranda: Alessandra Veropalumbo, Tutor: Ch.mo Prof. Leonardo Di Mauro. pp 282-283.

[61] … Marcare la Pianta dell’intero Camposanto, e questa opera del giovane architetto Ignazio Rispoli è levata con molta esattezza… è Architetto straordinario aggiunto alla Direzione del Camposanto: Annali Civili del Regno delle due Sicilie, Anno 1844; Camposanto pp 156-157.

[62] Nel 1845 risulta domiciliato in salita Tarsia n. 93 (Album 1845: 373).

[63] Intanto è censito fra gli architetti di Napoli, in Via Salita Tarsia 93: Album, ossia Libro d'indirizzi commerciale, scientifico, artistico per l'anno 1845.

[64]Annali civili del regno delle Due Sicilie, Volumi 43-45

[65]… Sul lato destro dell’ambiente, tra il primo e il secondo ordine di posto del coro, insiste un pulpito ligneo realizzato nel 1853 da Ignazio Rispoli, architetto della Congregazione; a sezione rettangolare, poggia su quattro pilastri decorati da paraste scanalate. Nel lato sinistro, sulle scale tra il primo e il secondo ordine di posto del coro, vi è una vetrina progettata dallo stesso Ignazio Rispoli nel 1852 per accogliere la statua della Madonna del Rosario, quando fu trasferita dalla vicina chiesa di San Sebastiano.

[66]…Il Convento, che fu condotto a termine nel 1770, ebbe, orsono cinque anni, rinnovato il tetto con ingegnoso disegno dell’Architetto Ignazio Rispoli. Notizie del bello dell'antico e del curioso della città di Napoli, raccolte dal can.o Carlo Celano (1617-1693) Divise  Dall'autore  In  Dieci  Giornate  Per  Guida e  comodo  de’  viaggiatori con  aggiunzioni de' più notabili  miglioramenti  posteriori  fino  al  presente estratti  dalla  storia  de' monumenti e  dalle  memorie  di  eruditi  scrittori  napoletani per cura del cav. Giovanni Battista Chiarini. 1856.

[67]Album, ossia Libro d'indirizzi commerciale, scientifico, artistico per l'anno 1856.

[68]…Nella notte tra il 21 e il 22 febbraio del 1860 la chiesa subì gravissimi danni a causa di un incendio; fu tempestivamente restaurata su progetto dell’architetto Ignazio Rispoli e fu completata appena dopo il colera del 1866 anche con il contributo dei puteolani.

[69] Si legge sul sito della Cattedrale: Nel 1875 su iniziativa del canonico primicerio Matteo Rispoli, e su iniziale progetto dell'architetto stabiese cav. Ignazio Rispoli, il 15 agosto, domenica, il vescovo Petagna diede inizio ai lavori per l'ampliamento della Cattedrale con la costruzione della crociera e presbiterio, poiché il tempio era ancora a forma basilicale.

[70] La Cappella di San Catello fu realizzata, ex novo, nella stessa Cattedrale, per conto della famiglia Coppola, al posto dell'antica cappella del Crocifisso.Nell'anno 1879 – sempre dal sito della Cattedrale – iniziarono i lavori di questa nuova Cappella, su progetto dell'architetto Ignazio Rispoli e sotto la direzione dell'ing. Giovanni Rispoli.

[71]…Fra le tombe meritano attenzione…quella di Rachele Calì, condotta con bel disegno dall’Architetto Ignazio Rispoli: L’osservatore di Napoli, ossia rassegna delle istituzioni civili, ecc. anno 1855, p 134

[72] Album, ossia Libro d'indirizzi commerciale, scientifico, artistico per l'anno 1856. Napoli;p. 237

[73] La memoria scritta è conservata nella Biblioteca comunale "Giovanni Bovio" di Trani.

[74] La memoria scritta è conservata nella Biblioteca Provinciale Scipione e Giulio Capone di Avellino.

[75] Elenco dei Consiglieri comunali della Città di Napoli (1861 – 1916); dagli Atti del Consiglio comunale di Napoli,

presso la biblioteca dell’Archivio Storico Municipale di Napoli.È la consiliatura del sindaco Francesco Spinelli Conte di Scalea, che dura fino all’inizio del 1876.

[76] Calendario Generale del Regno. Anno 1872, p 85.

[77] Per la commemorazione del cav. Emilio Beneventani nella scuola di suor Orsola Benincasa: elogio funebre  di Eugenio Giunti. Napoli: tip. F. Giannini & f.i, 1887

[78] In realtà traslava il cognome, quale moglie di Emilio Beneventani. All’anagrafe si chiamava Matilde Nunziata Concetta Pangrati: era nata a Napoli il 4 marzo 1833 da Giacomo e Carolina Selvaggio. Giacomo Pangrati, figlio di Giovanni e Maria Rosa Suarez, era un ricco commerciante, sul filone della tradizione familiare del padre e del nonno Spiridione, con attività nella centrale Strada Toledo, al numero 398, ove possedeva un negozio di generi esteri (Album scientifico artistico letterario per l'anno 1845. Tip. Borel e Bompard 1844) e dove abitava, al civico 336, fino a quando, solo cinquantottenne, il 13 ottobre 1853 morì, lasciando cinque figli (tre femmine e due maschi), che aveva avuto da Carolina, sua seconda moglie; in prime nozze aveva sposato Maria Gaetana Guacci (figlia dell’architetto regio Giovanni ed orfana, fin dall’età di due anni della madre Maria Giuseppa Tritto), che morì giovanissima, a 24 anni, il 9 ottobre 1819, dopo giusto cinque mesi di matrimonio e, dunque, senza lasciare figli. Fu anche uno dei Soci fondatori, nel 1841, della Società per gli asili infantili, come si evince dalla Nota de’ Socii contribuenti e de’ Socii Dottori di Medicina e Chirurgia della Società Napolitana per gli asili infantili sottoscritti fino a’ primi giorni di agosto 1841, contenuta negli Statuti della Società per gli Asili infantili della città di Napoli e Regolamenti interni approvati col Real rescritto de' 22 maggio 1841; stamperia dell'Iride, Napoli, 1841.

[79]…discorso del Signor Emilio Beneventani, nel quale il nobil uomo ha molto acconciamente toccato della condizione e de’ progressi della scuola…Cronica giornaliera delle province napoletane dal 1° marzo al 31 dicembre 1869; C. de Sterlich, p. 477

[80] Opera Pia di antica istituzione (1839), i cui statuti furono approvati con Rescritto Reale del 22 maggio 1841, rilanciata poi da Garibaldi, che, l’11 settembre 1860, autorizzò una nuova società che istituì 13 asili dal marzo del 1861, asili maschili, femminili ed uno misto. Fino al 1874 vi erano, a Napoli, 20 asili infantili in tutte le sezioni, uno in ogni sezione della città. Vedi Raimondi G.: Gli asili infantili napoletani; in Forum delle scuole storiche napoletane.

[81] L’opera pia degli asili infantili napoletani aveva una propria gestione con contributi regolari da parte del Comune e la Provincia di Napoli oltre ad avere dal governo contributi in via straordinaria come ad esempio lire 135.000 come sussidio.

[82] E. Vecchione, E. Genovese: Le istituzioni di beneficenza nella città di Napoli, Tipografia dei sordomuti, Napoli 1908, pp. 45-50

[83] Era un parente per parte di sua nonna materna (Maddalena dei Conti Vestini). Un nobile intellettuale,”…uomo che, per costumi, per ingegno e per istruzione, onora il proprio casato” – così lo descriveva Mariano d’Ayala nelle sue Vite degli Italiani benemeriti della Libertà e della patria – che proprio in quegli anni vergava un libretto di Notizie biografiche del cav. Rocco Beneventani, edito a Napoli dallaTipografia delle Belle Arti, 1870.

[84] Raimondi G.: Gli asili infantili napoletani; in Forum delle scuole storiche napoletane.

[85] L’ultimo dedicato ad Alfonso della Valle, marchese di Casanova, che intanto, con impegno instancabile dedicato all’istruzione dei ragazzi, ha fondato l’Opera pei fanciulli usciti dagli Asili (1869), prima di spegnersi di tubercolosi a soli 42 anni, nel 1872. Francesco Di Vaio: Alfonso della Valle, in Forum delle scuole storiche napoletane.

[86] Nel bilancio del l’esercizio del 1876, il Comune di Napoli stanzia per gli asili infantili lire 57,000, per l’asilo Rotschildt lire 1,275 e per l’assistenza ai fanciulli usciti degli asili lire 9,000.

[87] L’Albo prevedeva due settori: il settore “lettere” che, sotto la direzione di Federico Persico, riunì un gran numero di personalità (70): il fior fiore della cultura napoletana ed Italiana (da Bartolommeo Capasso a Pasquale Villari, da Cesare Cantù a Felice Cavallotti, da Mario Rapisardi a Scipione Volpicella, ecc.); e il settore “arti” che, sotto la direzione di Filippo Palizzi, riunì 28 artisti per i “disegni” e tre musicisti per la musica.

[88] Francesco Di Vaio: Alfonso della Valle, in Forum delle scuole storiche napoletane.

Torna al blog

Lascia un commento

Si prega di notare che, prima di essere pubblicati, i commenti devono essere approvati.